Nella giornata di mercoledì 11 settembre è stato rilasciato il dato sull’inflazione statunitense relativo al mese di agosto, che si è attestata annualmente al 2,5%, in decremento rispetto alla lettura dello scorso mese del 2,9% e in linea con le aspettative del mercato.
L’inflazione core, al netto di cibo ed energia, si è attestata al 3,2%, invariata rispetto al mese precedente e con un incremento mensile dello 0,3%, che è andato leggermente sopra le aspettative.
Grafico 1 – U.S. Consumer Price Index (variazione % annuale)
La componente del cibo è incrementata dello 0,2% mensile, mentre l’energia è diminuita dello 0,8%. La componente dei servizi non ha dato segni di rallentamento, continuando a rimanere resiliente e a registrare leggeri incrementi su base mensile. Infatti, i servizi sono aumentati mensilmente dello 0,4%, rispetto allo 0,1% e 0,3% di giugno e luglio. All’interno troviamo la componente dello shelter, che è incrementata mensilmente dello 0,5%, rispetto allo 0,4% registrato lo scorso mese, i servizi di trasporto, incrementati mensilmente dello 0,9% rispetto allo 0,4% di luglio, e infine i servizi di assistenza medica, con un decremento dello 0,1% rispetto al decremento dello 0,3% dello scorso mese.
In generale, la componente dei servizi rimane ancora molto appiccicosa e, sebbene avesse mostrato qualche mese fa i primi segni di rallentamento, non sembra voler continuare questo trend in discesa. Il fattore che ha contribuito a portare l’inflazione dal 2,9% al 2,5%, come accennavo in un precedente contributo, è sicuramente l’effetto base con le letture dello scorso anno, che sta giocando un ruolo molto importante. Nella lettura di settembre potremmo continuare a vedere un’inflazione annuale al ribasso, ma negli gli ultimi mesi dell’anno i prezzi al consumo potranno molto probabilmente rimbalzare, al netto di riduzioni significative della componente dei servizi o dell’energia.
I mercati azionari hanno reagito positivamente a questo dato, vedendo ormai all’orizzonte il tanto atteso e discusso taglio della Federal Reserve, che avverrà nel prossimo appuntamento Fomc del 18 settembre. Attualmente, la probabilità di un taglio di 25 punti base è dell’85%: interessante notare come ci sia ancora un 15% di probabilità di un taglio di 50 punti base, dato che solitamente a ridosso del Fomc le percentuali scontate dal mercato sono pressoché decise e molto più sicure.
Entro la fine dell’anno, il mercato si aspetta tassi d’interesse al 4,5%, ciò significa una diminuzione dell’1% nei prossimi mesi. A novembre ci si aspetta un taglio da 50 punti base, mentre all’ultimo appuntamento di dicembre una riduzione dello 0,25%.
Sarà molto interessante monitorare con estrema attenzione le proiezioni della Banca centrale americana rilasciate nel Summary of Economic Projections del prossimo Fomc. Infatti, rispetto all’ultimo documento rilasciato nell’appuntamento di giugno, ci saranno molto probabilmente diversi cambiamenti. I tassi d’interesse previsti dalla Fed a giugno per fine anno erano del 5,1%, e sarà fondamentale notare se verranno confermate queste proiezioni più stringenti della Federal Reserve rispetto a quello che il mercato si aspetta. Inoltre, il tasso di disoccupazione con molta probabilità verrà rivisto al rialzo, dato che dalle proiezioni di giugno si prevedeva a fine anno un tasso del 4%.
Sarà perciò di essenziale prestare attenzione alle parole di Powell, tendando di capire quale sarà la traiettoria di politica monetaria che potrà accompagnare gli Usa nei prossimi mesi. Nel caso in cui la Fed non dovesse confermare i tagli che il mercato si aspetta attualmente, potremmo vedere una flessione del mercato azionario e obbligazionario.
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