Il presidente ucraino Zelensky, nell’ennesimo incontro di oggi, 26 settembre, con Joe Biden alla Casa Bianca presenterà al presidente americano il suo “piano della vittoria” con il quale – ha annunciato – si arriverà finalmente alla pace in Ucraina.
A larghi linee il “piano” è già noto, anche perché è stato preannunciato all’ONU dallo stesso Zelensky. Sarà però ben difficile che Biden faccia proprie le sue richieste, per il semplice fatto che – più che alla pace – porterebbero il mondo ad un conflitto globale.
Le proposte di Zelensky (che in giornata dovrebbe incontrare anche Kamala Harris, ma non Trump) vertono infatti su cinque punti.
In primo luogo si chiederebbe mano libera per attaccare anche in profondità la Russia con missili occidentali a lungo raggio per colpire le basi da cui partono le incursioni aeree russe verso l’Ucraina. Non è questa una novità, anche se è stata rafforzata dalla risoluzione dell’europarlamento approvata a maggioranza la scorsa settimana.
Il secondo e terzo punto sono la richiesta di Zelensky di avere nuovi aiuti militari ed economici da USA ed UE in tempi brevi. Non bastano evidentemente l’impegno assunto da von der Leyen di garantire 35 miliardi di euro di prestito. Va detto che già in passato il Congresso americano aveva contestato la concessione di altri aiuti senza che l’Ucraina presentasse un rendiconto di quanto già ricevuto.
Ma sono comunque le altre due richieste ad essere le più problematiche: ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella NATO.
Su questi punti Zelensky ha qualche ragione a sollecitarle, vista la continua e profonda ambiguità dei partner europei e NATO che a parole si dicono disponibili, salvo poi cambiare parere o insabbiare le proposte appena le cose si fanno (o si faranno) minimamente concrete.
Aderire all’Unione Europea, per esempio, non è (o non dovrebbe) essere semplice e lo sa bene anche lo stesso Zelensky, visto che l’Ucraina di oggi non corrisponde ai criteri democratici di adesione. Tra l’altro lo stesso Zelensky è personalmente scaduto di mandato, il parlamento ucraino è di fatto sospeso e molte leggi ucraine civili e penali non sono in linea con i criteri europei richiesti per le nuove adesioni.
Si può sempre fare una forzatura politica, ma è ovvio che comunque vi sarebbero forti opposizioni interne alla UE e non solo da parte dell’Ungheria di Orbán. L’Ucraina sarebbe infatti un partner importante ma molto problematico anche in tempo di pace, molto di più della Turchia che è comunque in lista d’attesa da oltre vent’anni.
Per la NATO, anche se i 32 Paesi aderenti ancora recentemente hanno sostenuto che “il cammino di adesione dell’Ucraina alla NATO è irreversibile”, è evidente che non c’è alcun impegno sulle date. Va ricordato che l’art. 5 del trattato prevede che in caso di attacco a un Paese membro l’intera Alleanza è tenuta a schierarsi militarmente contro l’attaccante, ergo da due anni saremmo automaticamente in guerra aperta e dichiarata con la Russia, se l’Ucraina avesse fatto parte dell’Alleanza nel febbraio 2022.
Difficile pensare che Putin e la Russia accettino comunque un’adesione ucraina, sostenendo – non senza fondamento – che sarebbe in atto un autentico accerchiamento NATO del proprio territorio europeo.
Richieste quindi complessivamente irrealizzabili – e Zelensky lo sa bene –, ma da spendere sul fronte interno e con la speranza di portare comunque a casa ancora qualcosa, soprattutto prima di una possibile elezione di Trump che in argomento sembra molto meno disponibile dei democratici americani e soprattutto non ha nel cassetto i sepolti misteri ucraini della famiglia Biden, sempre utili come polizza di assicurazione.
In realtà la situazione non è facile per Zelensky, che se ha incassato la nomina come probabile Commissario alla difesa UE di Andrius Kubilius (un lituano da sempre “falco” contro Putin), si trova però in difficoltà nel distretto russo di Kursk, occupato quest’estate, dove le sue truppe rischiano di essere circondate.
Ma soprattutto Zelensky percepisce di dover fare i conti con un’opinione pubblica europea sempre più scettica a concedere altri aiuti militari, così come gli stessi americani sono sempre più disinteressati al fronte ucraino, non fosse che per i disastri in corso in Medio Oriente. Anche Biden sembra decisamente perplesso sia per le potenziali ripercussioni elettorali che per l’effettiva credibilità dell’alleato, e così, al di là delle consuete frasi di incoraggiamento, è probabile che si prenda tempo per rispondere: visto che è in scadenza, è un modo gentile per rispondere “niet”.
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