BIDEN E NETANYAHU TORNANO A SENTIRSI DOPO QUASI DUE MESI A RIDOSSO DELL’ATTACCO CONTRO L’IRAN
«Se non combattiamo l’Iran, moriamo»: con questo spirito il Premier Bibi Netanyahu aveva anticipato il colloquio via telefono con il Presidente Usa Joe Biden in vista dell’ormai sempre più imminente attacco di Israele contro l’Iran, in risposta al lancio missilistico da Teheran dello scorso 1 ottobre 2024. Una telefonata che c’è stata e che per 50 minuti ha messo nuovamente in dialogo i due alleati mai così distanti nelle ultime settimane dopo i fitti bombardamenti israeliani contro il Libano del Sud e la stessa capitale Beirut.
Dalla morsa contro Hamas a Gaza fino alla decapitazione ormai completa dei vertici di Hezbollah, è in realtà la tipologia di attacco che Israele intende lanciare contro l’Iran a determinare molto degli scenari in Medio Oriente di qui al 2025: con ogni probabilità stasera Netanyahu ha informato su tempi, modi e obiettivi che l’Idf intende muovere contro il nemico sciita, con la Casa Bianca che ha invece ricordato laddove doversi fermare obbligatoriamente (non attaccare siti nucleari, ad esempio) e come impegnarsi per riaccendere le flebili finora trattative sul cessate il fuoco a Gaza. Secondo quanto riporta il Times of Israel in questi minuti, Netanyahu con Biden avrebbe definito le modalità e gli obiettivi della risposta all’attacco missilistico della scorsa settimana: secondo fonti di intelligence si andrebbe verso un attacco contro siti e obiettivi militari, e non energetici come teme la comunità internazionale davanti ad una polveriera in Medio Oriente pronta ad esplodere qualora si “toccasse” il fronte nucleare.
SCENARI DI GUERRA IRAN-ISRAELE, IL (POSSIBILE) TEST DELLA BOMBA NEL DESERTO COME “DETERRENTE” CONTRO NETANYAHU?
Già solo questa mattina, prima della telefonata con Washington, era stato l’account social dello Stato di Israele a sottolineare come l’Iran sia ad oggi il principale sponsor del terrorismo a livello mondiale, e per questo «deve essere fermato prima che sia troppo tardi»: la controminaccia data da Teheran sull’utilizzo di una “super arma” per distruggere in 10 minuti Tel Aviv e Haifa non sembra spaventare più di tanto Israele che ritiene (vista anche la crisi interna iraniana, ne parliamo qui) gli ayatollah in realtà poco propensi a scatenare una guerra totale in Medio Oriente.
Secondo il Ministro della Difesa Gallant, l’attacco contro l’Iran sarà a sorpresa, limitato ma letale, «Non capiranno cosa è successo e come»: se da un lato proseguono le azioni contro Hamas ed Hezbollah rispettivamente a Gaza e nel Libano, è dal fronte iraniano che si deciderà lo sviluppo (o lo stop) al conflitto mediorientale. La scelta sui siti militari iraniani confermerebbe la riuscita della moral suasion di Biden (e della vicepresidente Kamala Harris, che si è unita al colloquio telefonico con Netanyahu), anche se l’effetto sorpresa di cui parla Israele potrebbe in realtà celare ulteriori novità nel giro dei prossimi giorni. Un primo commento della Casa Bianca dopo la telefonata con Netanyahu riflette la volontà ribadita di utilizzare la diplomazia per risolvere il drammatico scenario al confine Israele-Libano. A scuotere ulteriormente un clima già tesissimo la notizia, per ora non confermata, di un possibile test nucleare iraniano tenuto negli scorsi giorni nel deserto di Semnan, a Nord dell’Iran. Sarebbe quello il vero “monito” contro Netanyahu che intende ricordare all’Occidente come un attacco considerato spropositato contro Teheran potrebbe davvero mettere in gioco addirittura l’atomica. Di contro, va sempre ricordato come oltre alle minacce di Khamenei, si muove un intero mondo geopolitico economico che vede nell’escalation Iran-Israele un possibile problema enorme per il commercio di petrolio nell’area. Ed è per questo che “sottotraccia”, tra Biden, la Cina e l’India, tutti avrebbero richiesto ad Israele di non toccare i giacimenti petroliferi, né tantomeno le basi nucleari.