DEFINITIVA LA CONDANNA PER ALBERTO SCAGNI
La condanna a 24 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio di Alice Scagni è ormai definitiva per il fratello Alberto: la Cassazione ha respinto il ricorso della difesa. Il verdetto è stato deciso nella notte, ma la notifica è arrivata al mattino. Al fratello della vittima, uccisa a coltellate due anni fa a Genova, è stata riconosciuta la condizione di seminfermità mentale, ma i legali dell’imputato ambivano all’eliminazione della premeditazione, che era stata riconosciuta nella sentenza di primo grado e in appello, perché così il loro assistito avrebbe potuto fruire di uno sconto di pena.
La Cassazione ha confermato le precedenti sentenze, in cui era stata riconosciuta la premeditazione, così come il parziale vizio di mente di Alberto Scagni. Il 44enne che uccise a coltellate la sorella 34enne sotto casa di lei a Genova al momento si trova in carcere in Piemonte. Dunque, non è stata condivisa la tesi dei difensori, secondo cui il loro assistito non avrebbe premeditato il delitto, aggiungendo che la condizione di seminfermità mentale sarebbe incompatibile con la premeditazione. Il coltello con cui Alberto Scagni aveva accoltellato la sorella era stato nascosto in un sacchetto di plastica, una circostanza per la quale la procura di Genova aveva deciso di contestare l’aggravante del mezzo insidioso e della crudeltà, entrambe scartate dai giudici.
OMICIDIO ALICE SCAGNI, IL CASO FINISCE ALLA CEDU
Se il caso relativo all’omicidio di Alice Scagni è chiuso a livello processuale, la battaglia della famiglia resta ancora aperta, perché il ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo per i presunti ritardi e le omissioni dei poliziotti e dei medici è stato ritenuto ammissibile. La famiglia aveva presentato un esposto per il quale due agenti e un medico erano stati indagati, ma tale inchiesta venne poi archiviata. Ora la decisione della Corte europea di affrontare il caso, spiega la mamma della vittima e del carnefice dell’efferato delitto, “ci conforta del nostro insanabile dolore“.
In una nota, diffusa dall’Adnkronos, la famiglia di Alice Scagni ribadisce che la tragedia era “quantomeno arginabile sulle tremende conseguenze“. La decisione della Cedu, inoltre, conferma che non sono “soltanto patetici visionari persecutori“, evidentemente la giustizia può fare chiarezza sull’operato delle istituzioni italiane, anche perché la verità processuale è “distorta e falsata per comodità di vittimizzazione” della famiglia e “salvare dall’esame altri“.
I genitori vanno all’attacco poi di chi fa “ricostruzioni fantasiose e utilitaristiche” della loro vita e dei loro comportamenti, anziché dare una mano per il raggiungimento della verità fattuale. “Niente e nessuno riporta in vita Alice, ma il dovere di perseguire Verità e Giustizia sarà per noi fino all’ultimo nei nostri pensieri. Col pensiero di Alice sempre vicino a noi“, recita la conclusione del comunicato.