È durato 35 minuti il colloquio riservato tra Papa Francesco e Volodymyr Zelensky, il quale ha regalato al pontefice un quadro sul massacro di Bucha, in cui è raffigurata una bambina in cappotto e sciarpa. Quello di “Marichka” è uno sguardo addolorato, che però mostra anche disapprovazione; sullo sfondo la distruzione della guerra in Ucraina, tra cadaveri e devastazione. Il dipinto racconta quanto accaduto due anni fa nel paesino a nord di Kiev, dove ci furono esecuzioni sommarie e torture su almeno 637 civili da parte dell’esercito russo.
Il Santo Padre ha regalato al leader dell’Ucraina una scultura a bassorilievo che ritrae San Francesco d’Assisi con un uccello e un fiore e rappresenta la minaccia non solo alla natura, ma anche alla pace. Dopo l’incontro con Bergoglio, c’è stato quello col Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, e l’arcivescovo Paul Gallagher, per discutere del conflitto e della situazione umanitaria in Ucraina.
DALLA PACE AI PRIGIONIERI: I TEMI DEGLI INCONTRI
La Santa Sede ha fatto sapere in un comunicato che questo colloquio è servito anche a discutere delle possibili strade da percorrere per fermare la guerra e arrivare alla pace, oltre che per affrontare le questioni che riguardano la vita religiosa in Ucraina.
Vaticanews aggiunge che Zelensky ha chiesto al pontefice aiuto per quanto riguarda i prigionieri ucraini, in particolare di facilitare il ritorno dei reporter imprigionati. Sul suo canale Telegram e sul suo account X ha spiegato: “Contiamo sull’aiuto della Santa Sede per quanto riguarda il ritorno a casa degli ucraini catturati dalla Russia“.
“VANI I TENTATIVI DI ALLACCIARE CONTATTI CON PUTIN”
A oltre due anni dall’inizio della guerra, la posizione di Zelensky è sempre più fragile, ma il Vaticano è consapevole che passa proprio da lui. Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, Papa Francesco avrebbe provato più volte ad allacciare contatti con il presidente della Russia, Vladimir Putin, ma pare invano. Infatti, i negoziati diplomatici con la parte russa non sono andati oltre la restituzione dei bambini e lo scambio di prigionieri di guerra, che comunque sono accordi importanti.
Per la Chiesa, comunque, la condizione primaria per l’apertura di negoziati di pace, come evidenziato anche dal cardinale Parolin, è far smettere alle armi di parlare. Quello di oggi è stato il terzo incontro tra Zelensky e il Papa: il primo risale a quattro anni fa, quando c’era la pandemia Covid, il secondo nel maggio dell’anno scorso, uno e mezzo dopo l’invasione, il terzo a Borgo Egnazia in occasione del G7. Ma non sono mancati contatti, anche telefonici, tra le parti in tutti questi mesi.