Il varo della legge finanziaria è un appuntamento che scatena la dialettica politica tra chi propone (il Governo) e chi critica (le opposizioni). Si tratta di un confronto dialettico tra due visioni opposte, spesso solo per principio preso, che mal si conciliano tra loro e che palesano la mancanza di una visione di lungo periodo che sia di interesse per il Paese.
Non siamo difronte a un fatto nuovo, il confronto di questi giorni si ripropone ciclicamente e a parti invertite. Quest’anno, però, la formazione della legge finanziaria ha una linea rossa invalicabile rappresentata dalla necessità di non mettere a rischio i conti pubblici e su questo il Governo sta facendo bene. Il Mef ha chiarito al Paese (e alla maggioranza) che occorre trovare le risorse finanziarie se si vuole mantenere l’impegno di stabilizzare il taglio del cuneo fiscale e introdurre l’alleggerimento dell’Irpef per i redditi fino a 60 mila euro. Sul tavolo ci sono il Concordato preventivo biennale (Cpb), la proposta di agire sul catasto per attenuare gli effetti negativi del Superbonus, l’euro-patrimoniale rilanciata dalla Schlein e l’aumento delle accise sul diesel
Le entrate attese dal Cpb non sono banali e saranno misurabili solo quando saranno concrete le adesioni. Per aumentare l’appeal del Cpb (scarso fino a fine agosto) è stato introdotto il ravvedimento speciale per le annualità 2018-2022. Su quest’ultimo intervento c’è stata la levata di scudi di chi lo considera, non impropriamente, un condono. Nella realtà, forse, le ragioni della sua introduzione sono più semplici. È un modo per attingere risorse dai contribuenti più o meno fedeli partendo dal fatto che i controlli del fisco riguardano mediamente solo il 4% delle partite Iva e la riscossione successiva non sempre dà i risultati attesi.
L’obiettivo di recuperare risorse ha spinto il Mef a confermare di avere nel mirino il Superbonus. La proposta annunciata vuole portare i beneficiari del Superbonus a “restituire” una parte dei vantaggi ricevuti. La Legge di bilancio 2024 aveva già introdotto un primo intervento allungando, da 5 a 10 anni, il periodo di detenzione degli immobili (oggetto di interventi con Superbonus) affinché sia esente da imposta la plusvalenza conseguente alla cessione. I tecnici del Mef si sono resi conto che questo intervento produce effetti limitati per cui stanno considerando di far pagare ai beneficiari del Superbonus una quota di Imu o di altra imposta in modo da far “restituire” ai beneficiari una parte della agevolazione/beneficio ricevuta/o.
La proposta non è passata inosservata, ma è oggetto di scontro dialettico. Le opposizioni hanno gridato all’incoerenza del Governo che avrebbe disatteso le dichiarazioni elettorali secondo cui non avrebbe aumentato le tasse. Alcune forze del Governo si sono affrettate a dichiarare che la casa non si tocca perché è già gravata da una tassazione elevata. Guardando oltre le polemiche si può ragionevolmente confermare che la proposta non è per niente generica. Viene proposto, infatti, un intervento sulla rendita catastale degli immobili che hanno beneficiato delle agevolazioni del Superbonus. Operando in questo modo si otterrebbero risorse dai trasferimenti, dall’assoggettamento a Imu (nella versione attuale dell’imposta rimane esclusa la prima casa), ecc. Il meccanismo proposto (intervento sulla rendita catastale) non è nuovo, essendo già previsto per gli immobili che beneficiano degli interventi di riqualificazione urbana e/o della realizzazione di nuove infrastrutture e/o di una manutenzione ordinaria. Messa così, dunque, la proposta non appare iniqua e anzi presenta profili di equità richiedendo un “sacrificio” a chi ha ricevuto (in massima parte seconde case) un’agevolazione importante. Mancano le stime del gettito atteso e questo complica la valutazione e agevola chi critica.
L’aumento delle accise sul diesel è sicuramente una brutta cosa, ma non si comprendono le critiche provenienti dai sostenitori della svolta green a tutti i costi.
A completare il quadro è intervenuta la Schlein che ha ritenuto di rilanciare la patrimoniale internazionale. Non si tratta di una proposta originale poiché il primo a lanciarla, al G20 di Rio de Janeiro, è stato il Presidente del Brasile Lula. Al momento la proposta non sembra avere altri proseliti per cui sembra più un modo per battere un colpo che una cosa concreta che possa contribuire, per quest’anno, alla formazione della Legge di bilancio. Quella della Schlein è una proposta che ha dei punti di contatto con la Global minimum tax (approvata a livello Ocse) che nei fatti è ancora al palo. L’obiettivo finale della Global Minimum Tax è quello di raggiungere un livello di parità concorrenziale tra imprese a livello globale, fermare la corsa al ribasso delle aliquote e promuovere efficienti decisioni di investimento e localizzazione delle attività d’impresa. L’obiettivo della patrimoniale internazionale è ancora vago per cui se ne può ragionare in una prospettiva di lungo periodo.
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