“Il potere logora chi non ce l’ha” è la frase storica attribuita a Giulio Andreotti che, da buon filosofo della politica, oltre che tessitore di trame, qualcosa del potere conosceva di certo. Ma se si fosse imbattuto in certi personaggi del giorno d’oggi, probabilmente questo suo pensiero non sarebbe così condivisibile, visto che ormai più si scava e più si scopre che invece è proprio il potere “eterno” o supposto tale a consumare personaggi che godendolo e non essendo assimilabili alla razza degli statisti, si trasformano in dittatori che poi, una volta scoperti, generalmente cadono affogati nei loro scandali.
E in America Latina questa specie è molto diffusa e direttamente collegata a un fenomeno, quello del populismo, che sembra ora attecchire anche nel Vecchio continente e in particolare con una Ue che pare instaurare, attraverso un progressismo radical-chic al potere, la teoria del pensiero unico che si incammina, con parametri diversi, nel sentiero della drastica riduzione della classe media che sarà decimata da piani folli modello quello Green o 2030 atti a ridurre il concetto di democrazia ai minimi termini. Proprio come il populismo che ama tanto i poveri da moltiplicarli.
Ma torniamo in un Centro-Sudamerica dove, da un lato, un Presidente organizza elezioni farlocche che successivamente ottengono il beneplacito di alcuni Stati (leggi Spagna, Messico, Brasile e pure Usa tra gli altri) – ed è chiaro che stiamo parlando di Maduro e del Venezuela – e, dall’altro, se ci trasferiamo in Bolivia scopriamo gli scandali che, a ripetizione, stanno coinvolgendo l’ex Presidente Evo Morales (ai quali abbiamo già dedicato un articolo) e il suo omologo ex dell’Ecuador Rafael Correa. Questi ultimi due, che hanno avuto per anni il potere nelle loro mani senza praticamente rivali, alla fine hanno dovuto cederlo perché coinvolti in elezioni truccate stile Maduro (Morales in un primo tempo) o perché coinvolti in scandali che alla fine, come nel caso Correa, hanno provocato la loro fuga dai rispettivi Paesi.
Stranamente però, al margine della tempesta che ha investito il boliviano, immerso in accuse gravissime (traffico di minori e violenza sessuale, sempre su minori) costui ha trovato il tempo per fornire, in un’intervista, una testimonianza su qualcosa di gravissimo, ma meno agghiacciante delle altre accuse. In pratica Morales ha confessato pubblicamente di aver promosso un processo dello Stato contro la ex Presidente Jeanine Añez che dopo la fuga in Messico di Evo aveva restaurato un potere come Presidente ad interim che, se da un lato restituì una parvenza politica democratica a un Paese che nel corso della sua storia ha stabilito un record di colpi di Stato, dall’altro, organizzò libere elezioni nelle quali vinse il MAS, partito di Morales, che in pratica riconquistò il potere attraverso l’elezione del suo ex delfino politico, Luis Arce, che a questo punto permise a Evo di organizzare il processo sopra descritto e di condannare al carcere, in maniera totalmente fraudolenta, a chi lo aveva rimpiazzato al potere.
Quindi, a questo punto, questa vicenda si aggiunge alle accuse che già gli vengono mosse per una relazione con il narcotraffico, frode elettorale, pedofilia, traffico e tratta di persone. Pare che sia giunto il momento di sottoporlo alla giustizia alla quale, finalmente, dovrà renderne conto.
Chi invece è già stato condannato, insieme al suo vice che ne ha rimediati 6, a 8 anni di carcere ma continua beatamente a godersi la vita in un Belgio che gli ha dato in pratica asilo politico è Rafael Correa, l’ex Presidente ecuadoriano coinvolto in uno scandalo di tangenti visto che fu mediatore aggravato, nel corso della sua Presidenza, di un giro di corruzione che ha coinvolto pure, lo ripetiamo, il suo Vice Jorge Glas.
È notizia di questi giorni che gli Usa hanno di fatto dichiarato le due figure come non gradite per poter entrare in territorio statunitense proprio a causa degli scandali del loro Governo, avvertendo che la misura investe pure le famiglie dei due ex politici e questo, lo ripetiamo, a causa delle sentenze emesse dal tribunale di Quito, in Ecuador.
Ora rimarrà da vedere cosa succederà nell’intricata situazione venezuelana, dove un altro politico ammalato di potere potrebbe perderlo; ma anche qui il salvagente di una ex sinistra ancorata al populismo pare essersi mossa per salvarlo. Un radicalismo progressista quindi al fianco di personaggi decisamente poco raccomandabili che hanno trovato anche nel Vecchio continente un’ancora di salvezza.
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