Finita l’ondata di entusiasmo per la sua candidatura, Kamala Harris sta perdendo colpi. I suoi consensi sarebbero diminuiti tra ispanici e neri (anche se un sondaggio delle ultime ore per CBS News non è negativo su questa voce), tanto che lo stesso Obama ha rimproverato questi ultimi, soprattutto gli uomini, di non sostenerla a sufficienza. Ma forse, osserva Francis X. Rocca, giornalista americano ex corrispondente in Italia per il Wall Street Journal, paga anche il fatto di non essersi esposta troppo con interviste che la facessero conoscere agli indecisi.
La distanza tra i due candidati, comunque, rimane minima e il risultato della consultazione elettorale aperto, ma contro la candidata dem potrebbe giocare anche Jill Stein, anche lei presente nelle urne come possibile alternativa ai rappresentanti ufficiali di democratici e repubblicani. È di sinistra e critica nei confronti della politica americana rispetto a Israele: per questo potrebbe sottrarre qualche voto alla Harris. E per conquistare gli Stati in bilico e arrivare alla Casa Bianca ne potrebbe bastare una manciata in più.
Il testa a testa per la presidenza degli USA si deciderà all’ultimo voto. Ora però sembra che la Harris stia perdendo qualche consenso. Un’impressione fondata?
Tanti sondaggi continuano a essere molto stretti, però ora sembra che Trump stia andando un po’ meglio. Mi ha colpito che succeda tra gli elettori ispanici e neri, soprattutto uomini: la maggioranza di loro voterà per Harris, ma Trump potrebbe guadagnare maggiori consensi in questi ambiti rispetto agli ultimi anni. Harris sarebbe il secondo presidente nero, ma la settimana scorsa Barack Obama ha fatto un discorso molto forte rimproverando gli uomini neri di non sostenerla abbastanza. Non c’è nessuno nel Partito democratico meglio informato di Obama, se lui è preoccupato è significativo.
Come mai, nonostante le sue tesi sull’immigrazione, Trump attira consensi anche tra ispanici e neri?
Non è una novità che gli immigrati che sono diventati cittadini americani spesso si oppongano all’immigrazione clandestina. La retorica di Trump è molto forte e alcuni si offendono su questo punto, evidentemente non così tanti. Penso che in queste posizioni possano entrare anche alcune considerazioni economiche. I consensi sono raccolti soprattutto fra gli uomini, forse ricordano il periodo della presidenza Trump come un momento di prosperità relativa. E sono delusi da questo governo. La Harris, con gli uomini neri, starebbe andando peggio anche rispetto a Joe Biden. Avrà ancora la maggioranza tra questi elettori, ma la riduzione dei consensi è significativa, anche perché stiamo parlando di un’elezione in cui anche margini microscopici potrebbero dare la vittoria finale.
I democratici possono vantare qualche dato positivo sull’economia americana?
Gli economisti continuano a dire che ci sono condizioni tali da far vincere chi è al governo, ma la percezione tra la gente non è questa. Molti fanno un confronto fra oggi e quattro anni fa: la discesa dell’inflazione non conta se ci si ritrova meno denaro in tasca.
Ma la Harris sta pagando anche lo scotto di essere una donna?
Non lo so, ma credo che se c’è qualcuno che fa resistenza perché è una donna, ci possano essere anche altri che si entusiasmano per questo, magari anche fra le donne repubblicane. Penso invece che stia subendo sotto altri aspetti: Trump e il suo vice hanno rilasciato molte interviste, sono dappertutto, lei invece ne ha concesse poche e questo ha limitato la chiarezza dell’immagine che gli elettori hanno ricevuto di lei. Continua a ripetere che non è Trump, e chi odia Trump la sostiene, ma forse non ha dato un messaggio abbastanza chiaro alle persone che non sanno cosa votare. Anche diversi democratici dicono che avrebbe dovuto essere più aggressiva, chiara, ambiziosa, invece di essere cauta.
Cosa ci dobbiamo aspettare per l’ultima parte di campagna elettorale, altri colpi di scena che potrebbero spostare l’orientamento dell’elettorato?
Si parla sempre della cosiddetta sorpresa di ottobre. Ci sono state già tante sorprese finora, chissà se ce ne saranno altre. Otto anni fa hanno fatto scalpore le dichiarazioni di Trump sulle donne e le indagini sulla posta elettronica di Hillary Clinton. Non si prevede un dibattito tra i candidati, ma una sorpresa non la escluderei.
Se dovessimo scommettere sul risultato del voto, in questo momento, sarebbe meglio farlo su Trump?
Non mi sorprenderei né per la vittoria dell’uno né per quella dell’altra. È augurabile che ci sia un successo netto. Il Paese è diviso e lo sarà anche dopo le elezioni, se il margine fosse di pochi voti ci sarebbero discussioni e accuse come nel 2020. In questo momento i sostenitori di Trump possono essere più fiduciosi. I sondaggi comunque fondamentalmente mettono i candidati alla pari.
Economia e diritti, in particolare quello dell’aborto, restano ancora temi accesi di dibattito?
Potrebbero essere ancora i temi decisivi, i candidati stanno puntando molto su questi. Più che sulla politica estera, che per alcuni comunque resta importante. Credo che Harris perderà qualche voto della sinistra dovuto alla politica dell’attuale amministrazione rispetto a Israele. Resta poi l’altro enorme tema dell’immigrazione, che potrebbe essere uno dei motivi di una eventuale vittoria repubblicana. Infine c’è un elemento non molto considerato: Kennedy (che in alcuni Stati rimarrà comunque sulle schede elettorali) alla fine ha sostenuto Trump, ma ricordiamoci che rimane un altro candidato, Jill Stein, accreditata dell’1%. È di sinistra, democratica, più facile che tolga voti alla Harris: sicuramente è molto critica riguardo alla politica nei confronti di Israele.
(Paolo Rossetti)
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