Il 16esimo summit dei Paesi BRICS che si è tenuto a Kazan, la capitale della repubblica russa del Tatarstan, segna un’altra tappa nel processo della creazione di un nuovo ordine globale. L’intensa attività della delegazione russa registrata durante il vertice è servita per connotare la dichiarazione finale del summit in senso fortemente critico nei confronti degli Stati Uniti e dei Paesi del G7. A conferma della capacità dei russi di far pesare la propria volontà, è possibile leggere nella dichiarazione congiunta una decisa condanna delle sanzioni economiche e la richiesta della loro immediata rimozione. Una rivendicazione che testimonia la vicinanza fra Iran e Russia e la capacità di Vladimir Putin di capitalizzare le vicende della guerra in Ucraina, che, al netto dei rovesci iniziali e del colossale dispendio di risorse, gli permette di accreditarsi come il principale esponente del fronte anti-occidentale.
Durante il vertice di Kazan, Putin ha intesto rimarcare le potenzialità dei BRICS dichiarando che “la predisposizione dei BRICS al ruolo di guida nell’economia globale non potrà che rafforzarsi” e che nel 2024/2025 il tasso medio della crescita economica dei BRICS sarà del 3,8%, rispetto a quello globale del 3,2-3,3%.
La strategia russa di condizionare l’agenda dei BRICS in senso anti-occidentale verte su due punti: un sistema di pagamenti transfrontalieri alternativo a quello incentrato sul dollaro e un mercato del grano solo per i Paesi BRICS, a dimostrazione del tentativo russo di utilizzare le materie prime come leva di pressione geo-economica. La creazione di un’infrastruttura finanziaria autonoma denominata “BRICS Clear” conferma la volontà di dotarsi di una piattaforma che possa agevolare transazioni finanziarie denominate in valute alternative a quelle dei Paesi occidentali e l’impegno di rafforzare l’interdipendenza e l’interconnessione finanziaria fra i BRICS.
Inoltre, gli accordi sulle riserve valutarie del Contingent Reserve Arrangement (CRA) che dovrebbero riequilibrare le bilance dei pagamenti fra i Paesi aderenti e la Cross-Border Payments Initiative, un primo passo concreto verso l’emancipazione dal sistema di pagamenti Swift, dimostrano quanto sia articolato il piano proposto dai russi, che evidentemente intendono imprimere un’accelerazione al processo di de-dollarizzazione. Parliamo di una architettura finanziaria alternativa a quella che verte sul Fondo Monetario Internazionale, che ha nel rafforzamento della New Development Bank (NDB) il suo asset più importante.
Come esplicitato nella Dichiarazione congiunta, la NDB dovrebbe garantire una vera autonomia economica attraverso operazioni di finanziamento fatte con le valute dei Paesi che vi aderiscono. Per spiegare la filosofia di questo progetto ambizioso il presidente brasiliano Lula ha evocato addirittura la conferenza di Bretton Woods del 1944, come a voler rimarcare la portata epocale della sfida dei BRICS.
Ad ogni modo, anche se il progetto di de-dollarizzazione può ritenersi irreversibile, sono tante le criticità da affrontare. Il protagonismo della Russia, che sostanzialmente puntava a dimostrare al mondo di non essere isolata, non ha potuto celare le difficoltà di un raggruppamento che ha evidenti problemi a dotarsi di una agenda unitaria. Paradossalmente, il fatto che si siano aggiunti 13 Paesi partner – fra i quali spicca la Turchia – renderà ancora più difficile trovare un punto di convergenza fra realtà diverse.
In realtà, la tendenza alla democratizzazione dell’ordine internazionale rivendicata, ad esempio dall’India e il Brasile, non coincide necessariamente con la tensione anti-occidentale esplicitata dalla Russia e dalla Cina. Inoltre il multipolarismo valutario, che caratterizza la filosofia del progetto che sta prendendo corpo a Kazan, è antitetico alle aspirazioni egemoniche cinesi che puntano a sostituire il dollaro con lo yuan.
Ciò che realmente accomuna la maggioranza dei paesi BRICS è la ricerca di una formula alternativa a quella che Dani Rodrik ha definito “hyper-globalizzazione”, che ha ampliato le loro criticità interne e ha reso più stringenti i legami di dipendenza nei confronti dei capitali e delle merci occidentali. In tempi di incertezza sistemica, la questione della dipendenza ha una valenza strategica dirimente. Un tema che al netto delle dichiarazioni di facciata può portare la maggioranza dei Paesi BRICS su posizioni diverse rispetto a quelle di Pechino, che strutturalmente è portata a creare legami di dipendenza con i mercati sui quali riversa le sue esportazioni.
Per neutralizzare le aspirazioni di Russia e Cina, l’Occidente dovrebbe riuscire a intercettare la legittima domanda di stabilità finanziaria e multipolarismo valutario che caratterizza la larga maggioranza dei BRICS, mentre lasciare a Putin e Xi l’opportunità di dare vita a una Bretton Woods del XXI secolo sarebbe un errore capitale. Anche per questo motivo, la narrazione che vede l’Occidente e i Brics contrapporsi come due blocchi monolitici rischia di fare il gioco di chi, a Kazan, si è voluto auto-rappresentare come il portavoce delle aspirazioni del Sud del mondo e delle nuove economie in ascesa.
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