È stato pubblicato – puntuale come ogni anno – l’ultimissimo rapporto Agenas sui migliori ospedali in Italia che mira a dare ai pazienti una sorta di ‘guida’ sui nosocomi che potrebbero fornire (in determinate casistiche che a breve approfondiremo) la migliore assistenza: il dato di partenza è che nel corso del 2023 sono nuovamente aumentati i ricoveri ospedalieri raggiungendo le soglie pre-pandemiche e toccando gli 8 milioni di degenze; mentre per il report Agenas sono stati presi in esame 1.363 ospedali tra quelli italiani (sia pubblici che privati) tenendo conto dei dati del 2023 e di quelli raccolti dal 2015 a questa parte.
Prima di entrare nel dettaglio dei migliori ospedali è importante riferirci un attimo alle parole del direttore generale Agenzas – Domenico Mantoan – che ci tiene a mettere in chiaro che quella stilata dal suo istituto “non è una classifica”; spiegando poi anche che la metodologia di ricerca ha preso in esame otto differenti aree cliniche (tra gli interventi cardiovascolari, quelli oncologici e quelli muscolo-scheletrici) rapportando i risultati degli interventi al Regolamento sugli standard dell’assistenza ospedaliera per comprendere quali nosocomi hanno raggiunto le soglie minime di sicurezza del DM 70.
Quali sono i migliori ospedali secondo l’Agenas: la top 3 e le eccellenze cardiovascolari ed oncologiche
Il dato più interessante tra tutti e che dei più di mille ospedali presi in esame, solamente tre hanno ottenuto valutazioni alte o molto alte nella qualità complessiva delle cure: si tratta dell’Humanitas di Rozzano – per il terzo anno di fila in cima all’elenco -, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche e del Careggi di Firenze; ma è interessante notare (e ci rifacciamo alle parole di Mantoan) che per la prima volta compaiono ai vertici della classifica anche alcuni ospedali del Sud con la Calabria che eccelle sempre di più dal punto di vista del Lea e la Sicilia che “ha fatto un buon balzo in avanti”.
Nel dettaglio (e via via affronteremo le varie aree cliniche valutate, ma qui trovate tutto il report completo nel dettaglio) i migliori ospedali dal punto di vista dei trattamenti cardiovascolari risultano essere il Barone Romeo di Patti, il nosocomio di Treviso e il Cuore G. Pasquinucci di Massa che hanno trattato l’85% dei pazienti con infarto grave entro i 90 minuti dall’accesso in pronto soccorso; ma in generale nel 59% delle cliniche analizzate i livelli sono stati alti o molto alti con più del 60 per cento dei pazienti rientrati negli standard DM 70. Così come – per quanto riguarda gli interventi isolati di bypass – sono state in totale 18 le strutture eccellenti a partire dal Policlinico Gemelli di Roma, passando per il S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno e per la già citata Azienda ospedaliera marchigiana.
Più interessante il capitolone del report dedicato al trattamento dei tumori che rivela che per i 5 più diffusi (mammella, colon, prostata, polmone e pancreas) sono stati – rispettivamente – 168, 183, 143, 50 e 10 gli ospedali a rispettare gli standard DM 70 eseguendo tra i 150 e i 50 interventi all’anno: soffermandoci sui 10 migliori per il complesso trattamento del tumore pancreatico spiccano l’AOU Verona Borgo Roma, l’IRCCS S. Raffaele di Milano e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.
I dati del rapporto Agenas su parti, chirurgia generale e interventi muscolo-scheletrici
Proseguendo nel report sui migliori ospedali di Agenas dobbiamo passare all’area di intervento muscolo-scheletrica in cui sono stati ben il 59% dei nosocomi a raggiungere le soglie standard, mentre al Sud il 60% delle strutture tocca solamente livelli medi o molto bassi: i tre migliori dal punto di vista femorale a livello nazionale sono stati l’Umberto I di Siracusa, l’Ospedale Monopoli di Bari e il Sandro Pertini di Roma. Mentre dal punto di vista della chirurgia generale si registra un complessivo miglioramento con più dell’88% delle strutture che hanno rispettato lo standard di degenza postoperatoria inferiore ai 3 giorni e un complessivo aumento di interventi day-surgery.
Drammatico – ma legato principalmente ad altri fattori – il dato inerente all’area perinatale con circa un ospedale su tre che non ha raggiunto lo standard di 500 nascite all’anno: nel 2023 si è ricorso nel 22,7% dei casi al parto cesareo con un netto divario tra Nord e Sud che ci parla di strutture (tra Campania, Sicilia, Puglia, Lazio e Lombardia) che hanno superato addirittura il 40%; ma restano contenuti – fermo restando il divario regionale – i dati sull’episiotomia utilizzata solamente nell’11% dei parti.