Da anni la comunità scientifica e medica mondiale è impegnata nel capire quali possano essere le varie cause scatenanti delle patologie non trasmissibili con il diabete – in fortissima crescita in tutto il pianeta – ed uno studio recentemente pubblicato è riuscito a dimostrare una certa correlazione statistica con l’inquinamento ed (in particolare) con il cosiddetto particolato fine meglio noto con la sigla Pm 2.5: si tratta di un’importante scoperta, soprattutto perché è collegata allo sviluppo di diabete in età fertile, aumentando esponenzialmente il rischio di trasmettere la patologia alla propria linea ereditaria.
Facendo un passetto indietro, prima di arrivare allo studio, è importante ricordare che ad oggi il diabete è certamente collegato a fattori (oltre ovviamente a quello ereditario) come le abitudini alimentari, la nutrizione, l’attività fisica – o, meglio, la sedentarietà – e il fumo che hanno come fattore comune lo sviluppo di uno stato infiammatorio cronico: da qui non c’è voluto molto prima che qualcuno iniziasse anche a puntare il dito contro lo smog che a sua volta è alla base di numerose infiammazioni e alcuni studi hanno confermato l’ipotesi da cui siamo partiti in diversi studi condotti sugli animali.
Lo studio sul diabete e l’inquinamento: “Il Pm 2.5 aumenta il rischio del 29%”
Tornando – ora – all’importante studio sull’inquinamento a cui accennavamo all’inizio di questo articolo, è interessante partire dal fatto che è stato condotto in Cina nel corso degli ultimi 5 anni prendendo in esame un campione di – addirittura – 20 milioni di donne fertili e che quotidianamente erano sottoposte (ovviamente per via delle loro residenza, senza esporle direttamente ai fini della ricerca) ad ingenti quantità di particolato fine.
L’esito è stato incredibile, perché si è stimato che circa il 29% dell’enorme campione presentava un rischio aumentato di contrarre il diabete, con circa 78mila donne tra loro che non avevano concomitanza di altri fattori di rischio (dall’obesità, al fumo citato prima): ora – però – si apre una nuova fase di ricerca che cercherà di definire quanto questo incremento dovuto ai fattori inquinanti ambientali è in grado di ripercuotersi anche sull’eventuale prole generata.