La sicurezza psicologica, concept che Amy Edmondson (docente e ricercatrice di Harvard) ha reso famoso in tutto il mondo, riguarda la creazione di un contesto di lavoro dove le persone contribuiscono con le proprie idee, condividono gli errori per imparare insieme, trasformano le diversità in risorse, collaborano e si aiutano anche quando devono affrontare temi difficili. Ma che cos’è la sicurezza psicologica e come si coltiva nei luoghi di lavoro?
Partiamo dalla realtà che viviamo tutti i giorni. Vi capita mai di non fare una domanda per paura di essere considerati ignoranti? Qualche volta avete rinunciato a proporre un’idea per il timore che sia valutata negativamente? Vi è successo di sbagliare ed essere incerti se dirlo o non dirlo e poi, per il timore di essere etichettati come incapaci, avete scelto il silenzio? E quante volte avete rinunciato a dire “non sono d’accordo” o avete nascosto una vostra caratteristica utile perché troppo diversa da quelle degli altri?
Ecco la sicurezza psicologica ha a che fare con questo. Quando percepiamo un livello sufficiente di sicurezza psicologica sentiamo la spinta a esporci, anche assumendo il rischio relazionale del giudizio negativo, perché sentiamo che in quel momento è utile contribuire con una nostra idea, è importante capire bene per poi fare bene – e quindi, sì, lo diciamo “scusa non ho capito, cosa intendi quando dici…”, oppure “scusa non conosco questo, mi puoi spiegare?” -; è corretto chiedere un aiuto perché altrimenti rischiamo di metterci un sacco di tempo operando con bassa qualità; è un valore per tutti trovare il modo per parlare di un tema importante ma difficile; fa crescere condividere un errore per informare gli altri perché tutti possano imparare e migliorare.
Gli studi pluridecennali di Amy Edmondson dimostrano che c’è un rapporto esponenziale (in positivo o in negativo) tra la sicurezza psicologica e le performance di un team. Stiamo parlando di cose molto concrete che valgono per qualsiasi contesto di lavoro, tipologia di attività, settore, e a qualsiasi livello di un’organizzazione. In un negozio, in un ufficio, in un reparto, in una squadra sportiva, se tutte le volte che ci viene una nuova idea non la comunichiamo e non la sperimentiamo, sarà molto difficile migliorare quello che facciamo. Lo stesso riguarda il rapporto con l’errore. In un mondo di continui cambiamenti nessuno può pensare di non sbagliare mai. Ma per prevenire gli errori e usare quelli che facciamo per imparare, è necessario parlarne. Infatti, le ricerche della Edmondson dimostrano che i team più performanti degli errori parlano, li affrontano insieme, imparano e così facendo diventano sempre più efficaci. Inoltre, un buon livello di sicurezza psicologica permette di sperimentare nuove prassi, analizzarne i risultati, tenere quello che funziona e continuare a migliorare quello che non ci soddisfa.
Non solo. Si parla tanto di diversità e inclusione. Bene. È importante valorizzare le differenze perché le situazioni che affrontiamo sono sempre più complesse e, siccome esistono tanti tipi diversi di intelligenze, è importante che tutti trovino uno spazio sicuro per esprimersi. La sicurezza psicologica è anche la condizione per avere confronti franchi e produttivi. Quando ci confrontiamo in maniera schietta e trasparente, allarghiamo il nostro pensiero e produciamo soluzioni migliori. Invece, se le persone non osano parlare, si forma quella che la Edmondson chiama “epidemia del silenzio”, che può creare danni molto grandi alle imprese. Non possiamo più permettere alla paura di ingombrare i nostri luoghi di lavoro. I costi della paura sono troppo alti: per le persone e per tutte le organizzazioni, grandi o piccole. Coltivare la sicurezza psicologica significa coltivare una presenza responsabile e contributiva da parte di tutti.
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