TERESA MANES, LA MAMMA DEL RAGAZZO DAI PANTALONI ROSA A DOMENICA IN
Teresa Manes torna a parlare del figlio Andrea Spezzacatena, il 15enne morto suicida nel 2012 perché vittima di bullismo, la cui storia ha ispirato il film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” tratto dal libro in cui ha ricostruito la vicenda. Sarà anche l’occasione per commentare quanto accaduto all’anteprima alla Festa del Cinema di Roma tra plausi di scherno e insulti omofobi, mentre a Treviso le scuole hanno cancellato la proiezione per volontà dei genitori degli studenti.
Episodi che hanno spinto la mamma di Andrea a rimarcare che il figlio non c’è più, mentre l’omofobia c’è ancora. E può uccidere, come accaduto al figlio, che era un ragazzo all’apparenza solare, ma in realtà era vittima di bullismo e cyberbullismo. La donna capì cosa stava vivendo il figlio solo dopo il suicidio, leggendo la pagina Facebook creata proprio per prenderlo in giro.
Ora lei usa i social per far sentire la sua voce: “La condivisione è stata la mia salvezza“, ha dichiarato al Corriere della Sera, spiegando di non aver mai voluto mostrare la sua sofferenza. Quindi, scrivere quel libro l’ha aiutata a tirar fuori il dolore, quindi è stato catartico scriverlo e le è servito a scoprire le sue fragilità e a realizzare qualcosa di utile anche per gli altri.
LA STORIA DI ANDREA SPEZZACATENA
Quando decise di suicidarsi Andrea Spezzacatena aveva appena compiuto 15 anni. Sembrava solare, aveva ottimi voti a scuola e un buon rapporto con i genitori, per cui il suo gesto fu inaspettato e restò senza spiegazione fino a quando la madre entrò su Facebook e scoprì l’incubo che viveva il figlio. Fu il primo caso di cyber bullismo finito in suicidio, mentre ora queste tragedia purtroppo non fanno più notizia.
Dopo i fischi e gli insulti omofobi all’anteprima del film, Teresa Manes si è detta dispiaciuto per l’accaduto, ma non sorpresa, essendo consapevole di quanto sia importante il processo di sensibilizzazione, quindi aveva messo in conto che le polemiche potessero scoppiare, anzi ciò conferma per lei la necessità di portarlo nelle scuole.
D’altra parte, i ragazzi vanno accompagnati nella visione del film dai professori, motivo per il quale a ferirla non è il silenzio dei ragazzi che si voltano dall’altra parte per paura del giudizio, ma chi non li ha preparati.
I FISCHI E GLI INSULTI AL FILM SUL FIGLIO
Teresa Manes ne ha parlato al Corriere, commentando anche la notizia secondo cui il ministro Valditara si è detto disponibile a un incontro i responsabili di quei fischi e insulti omofobi, ipotizzando anche delle punizioni. “Vorrei esserci anche io a quell’incontro“, ha affermato. Pur condividendo l’idea che i giovani debbano capire le loro responsabilità e che le punizioni facciano parte della crescita educativa, d’altra parte promuove una cultura della pace.
Per quanto riguarda invece l’opposizione di alcuni genitori di Treviso alla proiezione del film, Teresa Manes si è detta stupita che la scuola abbia assecondato quella richiesta. “Serve coraggio, se vuoi affrontare il problema, non basta aderire in maniera generica alle giornate anti-bullismo senza mettere in atto un lavoro profondo“.