In data 7 settembre il ministero dell’Istruzione e del Merito ha emanato le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica. Il documento non è stato esente da critiche, in particolare il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) ha espresso, prima della loro pubblicazione, un parere in cui erano elencate diverse criticità.
In questa sede non si intende analizzare il contenuto del testo, quanto evidenziare alcuni suggerimenti metodologici, già contenuti nella legge 92 del 2019 con cui si introduceva l’insegnamento dell’educazione civica a partire dall’infanzia e per tutti gli altri ordini di scuola e ribaditi nelle successive Linee guida del 2020, che potrebbero essere utili per un rinnovamento della didattica e dell’organizzazione scolastica.
Si tratta di scelte metodologiche di cui si parla da tempo, ma che non hanno ancora trovato spazio e risonanza adeguati nelle nostre scuole.
Si potrebbe dire, e non sarebbe un azzardo, che accogliere la sfida dell’educazione civica potrebbe essere l’inizio per un reale cambiamento della prassi scolastica.
La lettura del documento è finalizzata dunque a identificare alcune parole chiave da estendere all’intera esperienza scolastica.
“La trasversalità dell’insegnamento si esprime, quindi, nella capacità di dare senso e significato a ogni contenuto disciplinare. I saperi hanno lo scopo di fornire agli allievi strumenti per sviluppare conoscenze, abilità e competenze per essere persone e cittadini autonomi e responsabili, rispettosi di sé, degli altri e del bene comune”.
Perseguire la trasversalità nella didattica dell’educazione civica potrebbe essere un esercizio utile per iniziare, anche nell’insegnamento delle altre discipline che la tradizione ci ha consegnato, un approccio interdisciplinare che valorizzi il senso e il valore della disciplina come un sapere che si è codificato nel tempo in risposta a domande incontrate dall’uomo. Partire dai problemi e dalle domande è una delle condizioni per generare senso e favorire un approccio alla disciplina non come astratta successione di contenuti, ma come risorsa per comprendere la realtà e nella realtà la presenza dell’io, che si interroga e progressivamente costruisce conoscenza.
La maggior parte dei problemi e delle domande sono però articolati, complessi, per cui è necessario che le discipline si aprano a una feconda interdisciplinarità, per trovare risposte più esaustive, anche se pur sempre perfettibili.
L’interdisciplinarietà a sua volta ha bisogno di una risorsa senza la quale resta un miraggio, un’utopia. Lo ricordano le Linee guida: “Il Collegio dei Docenti e le sue articolazioni, nonché i team docenti e i consigli di classe, nella predisposizione del curricolo e nella sua pianificazione organizzativa, individuano le conoscenze e le abilità necessarie a perseguire i traguardi di competenza fissati dalle Linee Guida, attingendo anche dagli obiettivi specifici in esse contenuti. Possono, in sede di pianificazione, essere individuati percorsi didattici, problemi, situazioni, esperienze anche laboratoriali idonei ad aggregare più insegnamenti/discipline e che richiedano la specifica trattazione di argomenti propri dell’educazione civica”.
Quanto elencato in merito all’educazione civica può essere traslato nella didattica delle altre discipline che, per aprirsi almeno in alcune occasioni alla prospettiva interdisciplinare, hanno bisogno di un lavoro collegiale.
Interdisciplinarietà e collegialità sono dunque un binomio inscindibile.
L’interdisciplinarietà non può essere intesa infatti come la semplice scelta di un contenuto da accostare dai diversi punti di vista delle discipline, quando un lavoro articolato che a che fare con i curricoli, i traguardi, l’identificazione degli obiettivi di apprendimento, la scelta delle metodologie, la progettazione di unità di apprendimento in cui siano contemplati compiti di realtà e la valutazione degli apprendimenti. Si tratta di un percorso necessario per arrivare a certificare competenze. Questo lavoro richiede una continuità di progettazione condivisa che può essere realizzata solo in una collegialità fattiva.
Nel paragrafo delle Linee guida dedicato alla valutazione si fa riferimento alla necessità di una valutazione collegiale e al ricorso ad alcuni strumenti: “La valutazione deve essere coerente con le competenze, abilità e conoscenze indicate nel curricolo dell’educazione civica e affrontate durante l’attività didattica. I docenti della classe e il consiglio di classe possono avvalersi di strumenti condivisi, quali rubriche e griglie di osservazione, finalizzati ad accertare il conseguimento da parte degli alunni delle conoscenze e abilità e del progressivo sviluppo delle competenze previste nella sezione del curricolo dedicata all’educazione civica”.
Aprire una riflessione sulla valutazione è fondamentale non solo per l’educazione civica, ma per tutte le azioni del fare scuola. Si tratta di un aspetto irrinunciabile, una leva che potrebbe essere all’origine di un fecondo cambiamento di prospettiva.
Per poter accostare la questione valutativa nella sua articolazione occorre innanzitutto ricordare che non si tratta di un processo unidirezionale: a essere valutati non dovrebbero essere solo gli apprendimenti degli studenti, ma anche le scelte della progettazione dei docenti.
Progettazione e valutazione sono infatti due azioni profondamente intrecciate, non due momenti temporali diversi.
Valutazione non è sinonimo di misurazione, non è accostabile alla riproduzione, ma alla trasformazione. Non è un’operazione di controllo, quanto di crescita della persona. La valutazione formativa non si limita a prendere in considerazioni i prodotti, ma accompagna anche i processi e non trascura l’osservazione. Per attestare questa ricca articolazione dell’iter valutativo è necessario far ricorso a strumenti quali griglie e rubriche, come proposto nelle Linee guida.
La valutazione se non viene interiorizzata (autovalutazione) dallo studente non ha un reale valore, non lo aiuta nell’apprendimento, non lo educa alla passione per lo studio, alla logica della perfettibilità del compito e alla conoscenza come cammino progressivo di approfondimento.
Le Linee guida dell’educazione civica fanno riferimento a un’altra parola chiave da perseguire nel fare scuola: laboratorialità. “La conoscenza e le abilità connesse all’educazione civica trovano stabilità e concretezza in modalità laboratoriali, di ricerca, in gruppi di lavoro collaborativi, nell’applicazione in compiti che trovano riscontro nell’esperienza della vita quotidiana”.
Si tratta di scelte metodologiche che possono essere estese ad altri momenti dell’insegnamento-apprendimento, finalizzati a un approccio che vede lo studente impegnato, insieme ai suoi compagni e con la guida dei docenti, in una reale esperienza di passione per la conoscenza.
Il docente in classe osserva e guida il lavoro dei suoi studenti impegnandoli in un’avventura che coinvolge i ragazzi in prima persona nella ricerca delle risposte a domande che interrogano la loro vita e il presente in cui vivono. Gli insegnanti, senza rinunciare alla loro magisterialità, possono osservare in itinere il cammino di apprendimento degli studenti, sollecitando l’intrapresa personale per la costruzione di un sapere che non è sterile replicazione, ma progressiva creazione individuale e sociale.
In diversi passaggi delle Linee guida si fa riferimento a un percorso formativo che coinvolga la persona nella sua interezza e unitarietà. Si tratta di una finalità che non può essere trascurata dalla scuola, per scongiurare quello scollamento tra scuola e vita a cui spesso fanno riferimento, in modo più o meno esplicito, gli studenti quando accusano la scuola di essere noiosa e pensano che i loro interessi e le loro aspirazioni possano essere accolti e valorizzati solo al di fuori delle mura scolastiche. Percorso formativo che, come ormai evidenziano diversi studi, deve saper coniugare cognitive e non cognitive skills, queste ultime infatti rivestono un ruolo rilevante non solo nel mondo del lavoro, ma anche nell’esperienza scolastica e nel successo formativo degli studenti.
L’insegnamento dell’educazione civica aiuta a comprendere che la scuola, attraverso l’istruzione, persegue sempre un compito educativo, che ha bisogno dell’apporto dell’intera comunità scolastica e anche dell’extra-scuola, per poter far una sintesi efficace tra i saperi formali e informali.
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