La Caritas del Libano è all’opera e cerca di aiutare tutti, cristiani e musulmani, fuggiti dalle loro case per evitare le bombe di Israele. Una fiumana di persone, per alcuni sicuramente più di un milione, nella quale, secondo Save the Children, ci sarebbero anche 300mila bambini che hanno varcato la frontiera con la Siria. Gente che ha visto distruggere le proprie case e tutti i loro averi, che ha negli occhi le immagini dei bombardamenti e nel cuore la paura che Israele colpisca anche le zone dove si sono rifugiati per prendere di mira qualche esponente di Hezbollah.
A loro, spiega Mounir Khairallah, vescovo maronita di Batroun, la Chiesa sta cercando di dare tutto l’aiuto possibile, supportando psicologicamente le persone, soprattutto i più piccoli, che portano più di altri il peso dei traumi che hanno subito con la guerra. Israele ha preso di mira non solo Beirut, ma anche Tiro e Baalbek, distruggendo edifici e mettendo in pericolo anche i siti archeologici della zona.
La guerra di Israele in Libano sta producendo centinaia di migliaia di sfollati. Qual è la situazione adesso e come vengono aiutati?
Come Caritas e Chiesa stiamo facendo il massimo per dare un’accoglienza degna a tutti gli sfollati, cristiani o musulmani che siano. Stiamo facendo davvero tutto il possibile. C’è, però, una grande paura: che in mezzo a tutti questi sfollati ci siano anche membri di Hezbollah e che Israele li bombardi. A Batroun è già successo, in una località di montagna. Noi, però, facciamo il nostro dovere con l’amore e la carità che dobbiamo ai nostri connazionali.
A Batroun cosa sta succedendo?
Ufficialmente abbiamo 7mila sfollati, di cui conosciamo i nomi, ma ci sono altre persone che vengono ospitate nelle case private, nelle abitazioni di gente che li conosce: di questi profughi, per il momento, non abbiamo nessuna lista. Gli altri, comunque, quelli accertati, trovano rifugio nelle scuole pubbliche e nei centri di accoglienza.
Come riuscite a sostenerli?
Agiamo tramite la Caritas Libano, la sede centrale, che si è fatta responsabile di un coordinamento serio. Si occupa degli aiuti alimentari, di quelli finanziari, delle medicine, cercando di rispondere ai bisogni di tutte le persone.
Ci sono anche persone ferite che hanno bisogno di cure?
Magari non feriti, ma hanno comunque bisogno di cure dal punto di vista medico. Non solo, devono essere assistiti anche psicologicamente. Hanno subito dei traumi, soprattutto i bambini; noi li seguiamo anche sotto questo aspetto.
Come sono alloggiati nelle scuole?
Gli sfollati vengono ospitati nelle scuole pubbliche, sostenute dal governo e dal comitato di emergenza che è stato costituito dall’esecutivo; sono loro che si preoccupano di fornire i materassi e le coperte.
Cosa raccontano della loro esperienza? Dal punto di vista umano, come stanno reagendo?
Nei loro racconti ci restituiscono una situazione drammatica: hanno perso la loro casa, la loro terra, il raccolto; hanno visto il loro mondo distrutto e bruciato. Sono persone piene di paura. E noi con loro. Speriamo vivamente che si arrivi a una soluzione di pace durevole, per tutti, per i libanesi, gli israeliani e i palestinesi. Facciamo di nuovo appello alla comunità internazionale, all’ONU, al Consiglio di sicurezza, perché decidano il più in fretta possibile per il cessate il fuoco. Chiediamo anche che le forze delle Nazioni Unite, che sono nel sud del Libano, possano fare il loro dovere, il loro lavoro, per ristabilire la pace in Libano.
I bombardamenti di Israele riguardano tutto il Paese, ma ci sono città come Tiro e Baalbek che sembrano prese di mira più delle altre. Com’è la situazione lì?
In quelle zone i bombardamenti di Israele non risparmiano neanche le aree vicine ai siti archeologici, che hanno rischiato di essere danneggiati. Per questo il governo libanese e la Chiesa fanno appello all’UNESCO e all’ONU in generale per proteggere non solo la popolazione, ma anche i resti di antiche civiltà. Tiro e Baalbek sono particolarmente bersagliate: la scusa è che devono colpire Hezbollah, ma hanno distrutto tutto, case e palazzi.
Si parla non solo di sfollati interni, ma anche di una fiumana di gente che si è diretta verso la Siria, di cui farebbero parte 300mila bambini. Sono profughi siriani che hanno deciso di tornare in patria?
Tra questi sfollati ci sono dei siriani, ma non sono tanto numerosi; molti sono libanesi che passano la frontiera in cerca di un po’ di tranquillità.
(Paolo Rossetti)
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