Una maxi-evasione da 47 misure cautelari con riciclaggio di denaro per mafia e camorra. Questo avrebbero accertato le indagini dell’operazione Moby Dick condotte per la Procura europea dai Pm di Palermo e Milano, che hanno scoperto una banda che, in collegamento con la criminalità organizzata, aveva realizzato un’imponente evasione dell’IVA attraverso false fatturazioni. Niente di nuovo come modus operandi, spiega Michele Riccardi, vicedirettore del Centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica di Milano, anche se il fiume di denaro bloccato è veramente impressionante: 520 milioni di euro di beni sequestrati in Liguria, Lombardia e Sicilia, 1,3 miliardi di fatture per operazioni inesistenti o gonfiate. Sono state disposte oltre 150 perquisizioni anche in Spagna, Lussemburgo, Repubblica ceca, Slovacchia, Croazia, Bulgaria e Cipro. Il settore scelto per eludere il fisco e riciclare i soldi è quello dei prodotti informatici. L’inchiesta svela uno dei modi più sperimentati dalle mafie di tutto il mondo per ripulire il denaro dei traffici illeciti, poi reimmesso nell’economia legale. Ecco come.
Cosa ci dice l’inchiesta sulla maxi-evasione rivelata dalle indagini svolte a Milano e Palermo?
È la conferma di un modus operandi ormai frequente: le false fatturazioni sono diventate la cifra comune e costante di moltissime operazioni, anche di mafia. Io lo chiamo il minipimer della criminalità: così come il robot che si usa in cucina consente di scaldare, sminuzzare, mescolare e tagliare il cibo, le false fatturazioni consentono molte cose, come abbattere l’imponibile, pagare meno tasse, creare fondi neri, riciclare denaro, spostare proventi illeciti da un Paese all’altro e da una società all’altra. E di spostarne tanti. L’entità dell’operazione non mi sorprende; è la riprova che, per muovere grandi numeri, la falsa fatturazione al momento è la soluzione migliore per chi vuole farlo. Meglio anche delle tanto vituperate criptovalute.
È la modalità principale attraverso la quale le mafie riciclano i soldi?
Non è l’unica, perché il contante ha ancora un ruolo molto importante, soprattutto in determinati Paesi e con determinati importi, ma per numeri così significativi si fa sempre più affidamento a queste forme, scelte da soggetti italiani ed esteri. Ci sono servizi di falsa fatturazione forniti da soggetti cinesi o di altri Paesi.
Nell’inchiesta si parla anche di mandati di arresto europei. Si tratta di un fenomeno globale?
Non siamo solo noi a essere coinvolti; le organizzazioni criminali ormai usano questo metodo: lo fanno gli stessi cartelli messicani del narcotraffico. Fatture false o gonfiate, quindi la sovrastima di beni e servizi venduti all’estero, consente di muovere proventi illeciti e quindi di farli tornare riciclando il denaro.
Ci sono settori particolari in cui agiscono le società che si prestano a questa pratica?
False fatturazioni e riciclaggio di denaro non hanno limiti o vincoli di natura settoriale: un settore vale l’altro. Tuttavia nelle frodi “carosello”, come quella oggetto di indagine, è frequente il coinvolgimento di settori legati a prodotti elettronici o tecnologici.
Che società sono coinvolte? Sono costituite appositamente per far girare le fatture o sono imprese realmente operanti?
Ci sono società che vengono create per questo scopo e che emettono false fatture: sono le cartiere, molto specializzate e attive. Poi c’è chi ne beneficia. E non è necessariamente una società vuota, può essere anche una società produttiva che vuole abbattere l’imponibile fiscale.
È anche un canale privilegiato per l’evasione fiscale?
Non si tratta solo di evasione: è un reato che serve per molti scopi criminali. Sicuramente vediamo tantissimi reati tributari, e tra questi le false fatturazioni la fanno da padrone. Ma ci sono molte forme di evasione e questa non è l’unica.
I soldi ricavati dove vanno a finire? Come vengono riutilizzati?
Ritornano indietro e si perdono in una marea di società dalle quali possono essere prelevati e utilizzati per diverse finalità, inquinando ulteriormente tutto il sistema economico.
Come occorre intervenire per bloccare queste procedure?
Bisogna migliorare i controlli sulle imprese, le analisi predittive, quelle dei fattori di rischio delle società, dei collegamenti più o meno diretti, quindi anche analisi di rete. Questo consente di trovare dei cluster o società cartiere. Abbiamo indirizzi in Italia dove sono registrate più di 200-250 società, la metà delle quali magari sono vuote o in liquidazione. Quegli indirizzi di fatto sono la cartina di tornasole che indica che lì sta succedendo qualcosa: sarebbe sufficiente fare degli approfondimenti. In realtà vengono messi in atto, ma occorre farli non solo in Italia, perché sono coinvolte anche società straniere che utilizzano schemi transnazionali. E non tutti sono bravi e attenti come le autorità italiane. Se voglio realizzare false fatture con una società italiana è una cosa, se lo faccio in Slovacchia è un’altra.
Ci sono Paesi che costituiscono il ventre molle dell’economia lecita?
Non c’è un paese meno vulnerabile di altri. In alcuni, come i Paesi dell’Est, vediamo un utilizzo più frequente, soprattutto Slovacchia, Romania, Cipro, Malta. Ma il fenomeno interessa anche Paesi extraeuropei e quelli occidentali. Nessun paese è estraneo.
(Paolo Rossetti)
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