I Bitcoin salgono ai massimi di sempre e sono ormai vicini alla soglia dei 100.000 dollari; in meno di due settimane il prezzo è salito di oltre il 40%. L’ultimo rally ha coinciso con l’elezione di Trump alla Casa Bianca e con la scommessa su un’Amministrazione non ostile, se non favorevole, alle criptovalute. Nel partito democratico, Hillary Clinton inclusa, si erano invece levate voci perplesse sulla diffusione dei Bitcoin. Nelle ultime settimane si è quindi assistito a una parte di rialzo che era stata posticipato dall’incertezza sull’esito elettorale americano. Insiemi ai rialzi sono arrivate le analisi preoccupate su un fenomeno speculativo giudicato opaco e potenzialmente pericoloso per i risparmiatori.
È possibile, ma a dare segnali di rialzo negli ultimi mesi è stato anche l’oro che è ai massimi di sempre; in questo caso si tratta dell’investimento meno innovativo della storia e una moda che accompagna l’umanità da sempre. Questi rialzi avvengono mentre il rendimento del decennale americano è vicino ai massimi degli ultimi diciassette anni. Bisogna quindi spiegarsi come mai i risparmiatori rinuncino alle cedole delle obbligazioni governative per “speculare”.
Una prima parte di risposta si può trovare nella delusione patita nei trimestri del Covid. Per molti mesi, nel 2020/2021, i rendimenti dei titoli di stato a dieci anni delle principali economie globali sono stati anche sotto l’1% mentre si avvicinava una fase in cui l’inflazione raggiungeva i massimi delle ultime due generazioni. Chi ha comprato obbligazioni in quei mesi non è stato particolarmente contento. L’abbaglio sulla “transitorietà” dell’inflazione è stato pagato dai risparmiatori. Oggi la principale economia globale, gli Stati Uniti, non solo non sembra avere una risposta al “deficit” e al debito pubblico, ma sembra aver deciso che, se occorre scegliere, è meglio avere un po’ più di inflazione che un po’ meno di crescita. Giusto o sbagliato che sia questo approccio, ai fini del risparmio il risultato non cambia e un certo scetticismo, nel caso specifico per le obbligazioni statali americane, sembra inevitabile. Dieci anni sono poi un tempo lunghissimo in una fase geopolitica complicata.
C’è una seconda parte della risposta ed è chi debba pagare il conto sia delle politiche post-Covid, sia dei nuovi programmi di espansione monetaria o fiscale che si dovessero ritenere necessari in caso di rallentamento economico. Mentre il capitale finanziario può agilmente spostarsi, quello dei risparmiatori molto meno. È molto più facile, nel caso, rivalersi sul secondo che sul primo per i Governi. Forse i risparmiatori sono preoccupati che le pretese fiscali dei Governi possano rivelarsi eccessive o punitive e quindi sono tentati dall’idea di togliere i risparmi dal sistema. Anche l’inflazione, per la cronaca, è una tassa che, per esempio, rivaluta gli importi delle multe mentre non tocca gli scaglioni di reddito.
I Bitcoin, a differenza dell’oro, non occupano spazio e si possono scambiare facilmente e quindi in questo momento sembrano rispondere all’esigenza dei risparmiatori meglio del metallo giallo. Oggi, poi, sembra esserci spazio per tutti, per le emissioni governative, per l’oro, le azioni o i Bitcoin; sale tutto. È più difficile capire cosa possa succedere se la concorrenza per i risparmi dovesse diventare più agguerrita e gli stati, in questa competizione, si trovassero in difficoltà. Qualsiasi limitazione sui Bitcoin impatterebbe anche il loro valore. La domanda più interessante non è perché gli investitori scelgano i Bitcoin, o l’oro, ma perché non si fidino più dei Governi; tra inflazione transitoria che transitoria non è, politiche green senza costo che alla fine presentano il conto e sanzioni che non fanno male a nessuno, ma poi fanno raddoppiare il prezzo dell’elettricità, c’è l’imbarazzo della scelta.
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