“Non possiamo perdere decine di migliaia di persone per la Crimea, la penisola potrebbe essere recuperata attraverso la diplomazia”. Una dichiarazione importante, non per ciò che dice, bensì per quanto sottende. È altamente improbabile che la Russia ceda la Crimea per vie diplomatiche, tuttavia la frase di Zelensky per la prima volta apre la strada alla diplomazia come alternativa alla guerra. Non solo, afferma che la Crimea non vale la vita di migliaia di ucraini, facendo così sorgere una domanda: per il Donbass invece ne vale la pena?
Storicamente, la Crimea non ha mai fatto parte dell’Ucraina, contesa semmai tra Russia e Turchia, come dimostra la ottocentesca Guerra di Crimea, con la partecipazione del Regno di Sardegna a fianco della Turchia. L’annessione all’Ucraina decretata da Krusciov nel 1954 è stata un atto interno dell’allora Unione Sovietica, tutto sommato una decisione che si può definire amministrativa o di politica interna. Inoltre, la maggioranza della popolazione è russa, quasi il 60%, con circa il 25% di ucraini e il 12% di tatari. Questi ultimi, i tatari di Crimea, erano originariamente maggioranza, ma sono stati deportati in massa in Siberia da Stalin e solo una parte è rientrata.
Se per la Crimea la diplomazia fosse stata esercitata dall’inizio, con il riconoscimento delle sue particolarità e conseguenti accordi con la Russia, forse ora la penisola sarebbe ancora parte dell’Ucraina. Ed è pensabile che ciò sarebbe stato accettato di buon grado non solo dalle citate minoranze, ma anche da parte della maggioranza russa. Alla fine, meglio vivere in una pur decisamente imperfetta democrazia, come l’Ucraina, che in un’autocrazia repressiva come la Russia.
I “forse” e i condizionali posti nelle precedenti righe derivano da ciò che purtroppo è successo per il Donbass. Qui la diplomazia si è mossa fin dall’inizio e nel 2015 si sono raggiunti i cosiddetti Accordi di Minsk 2, che riconoscevano un regime di autonomia all’interno dell’Ucraina delle due repubbliche separatiste filorusse. Un accordo mai applicato.
Ed ecco la domanda inizialmente posta: vale la pena di continuare questa micidiale guerra con l’impossibile meta della riconquista del Donbass? Credo che anche Zelensky, di fronte alla crescente stanchezza del popolo ucraino, cominci a dubitarne. Rimane il fatto che una pace alle attuali condizioni non gli sarebbe di certo attribuita come un successo. Tuttavia, l’evitare ulteriori inutili distruzioni e perdite di vite umane potrebbe essergli riconosciuto come merito da una buona parte degli ucraini, anche se segnerebbe probabilmente la fine della sua carriera politica.
Dal canto suo, Putin se la cava meglio, sia pure con pesanti costi per il popolo russo. Ha certamente fallito il tentativo di installare un governo vassallo a Kyiv, ma ha “riportato a casa” la Crimea, ha annesso buona parte del Donbass, ha rotto l’isolamento in cui gli Stati Uniti volevano porlo e riacquistato un ruolo rilevante in quella parte di mondo, in costante aumento, che non si riconosce negli interessi, e nei valori, dell’Occidente. La partecipazione al conflitto ucraino di militari nordcoreani non è molto incidente da un punto di vista militare, ma lo è sotto il profilo geopolitico, essendo anche un segnale di distacco dalla predominante Cina.
A questo punto, tutto dipende dal terzo contendente, quello che conduce il gioco: Washington. Come dimostra l’autorizzazione all’uso dei missili americani sul territorio russo, Washington sembra deciso non solo a continuare la guerra, ma ad innalzarne il livello. Una parte dell’establishment americano vuole evidentemente arrivare alla fine, forse pensando che i costi rimarranno sugli europei e che Putin non si azzarderà mai a scatenare un conflitto nucleare. Per quanto mi riguarda, una posizione senza senso, anzi criminale. Una posizione che può essere strumentalmente condivisa da chi vuole ostacolare la prossima Presidenza Trump, magari utilizzando il desiderio di rivalsa di Biden. Il quale potrebbe invece acquistare un grande merito proprio avviando un processo di pace, anticipando così Trump, ma questo, come si dice in inglese, è molto probabilmente un “wishful thinking”.
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