“Il comunicato di Banco Bpm? Ineccepibile”, secondo Graziano Tarantini, avvocato, già presidente di Banca Akros e vicepresidente della Banca Popolare di Milano. Il Sussidiario ha raccolto la sua opinione sull’offerta (Ops) di Unicredit nei confronti di Banco Bpm.
“Dopo l’iter autorizzativo da parte delle autorità competenti, il verdetto conclusivo spetterà al mercato. Saranno gli azionisti a decidere. Ma non è questo il punto di fondo”, dice subito Tarantini.
Ci spieghi il suo punto di vista.
Le banche non hanno solo il compito di guardare al portafoglio degli azionisti. Creano valore innanzitutto finanziando il sistema produttivo. È ciò che sta facendo benissimo Giuseppe Castagna: l’Opa su Anima è un progetto di grande respiro, ossia di creazione di valore complessivo, non solo per gli azionisti. Interrompere questo processo sarebbe una grande occasione persa per il Paese.
Significa che una Ops come quella di Unicredit non risponderebbe all’obiettivo di creare valore?
Quando si fanno operazioni come quella di Unicredit l’interesse principale è l’azionista. Non è sbagliato. Orcel dice: le vostre azioni, tra tot anni, varranno molto più di oggi. È una scommessa. Ma Orcel deve convincermi, e non è scontato che ci riesca.
E nel frattempo?
Nel frattempo, i mercati valutano anche la credibilità di ciò che un amministratore delegato dice e fa. Castagna, finora, tutto ciò che ha promesso ha fatto. Ed è per questo che il mercato lo guarda con grande interesse.
A cosa si riferisce?
Ha fatto l’unica vera fusione importante tra due banche sotto la guida della Bce, ed è stato un esercizio per la stessa Banca centrale europea. Poi è riuscito a portare a casa un duplice risultato: creare valore per gli azionisti e mantenere la natura di banca di territorio, preservando la vocazione di Bpm e Banco. Non è scontato, perché queste due azioni non vanno sempre di pari passo.
E Unicredit?
Unicredit è una banca molto diversa da Banco Bpm. Le grandi concentrazioni in futuro vivranno soprattutto di risparmio gestito e di operazioni di tipo finanziario. Non è questo che ci serve.
Di cosa abbiamo bisogno invece?
La priorità delle banche è fare raccolta, gestire in maniera oculata e dare credito alle imprese che hanno merito creditizio. Questo lavoro, paradossalmente, finirà che lo faranno solo le piccole banche con le garanzie dello Stato. Ma così lo Stato diventa indirettamente l’unico vero erogatore del credito. Se lo scenario è questo, a mio avviso qualcosa non sta funzionando.
È contrario alla banca universale?
Non sono contrario, ma i fatti ci dicono che si è affermato un modello bancario che ha tradito la funzione originaria. Le eccessive concentrazioni bancarie devono preoccupare proprio le piccole medie imprese, perché gli impieghi e gli affidamenti non si vanno a sommare, ma a razionalizzare.
Il ministro dell’Economia Giorgetti ha ipotizzato il ricorso al golden power. Lei cosa pensa?
Mi pare una soluzione estrema. Più che l’esercizio del golden power, servirebbe che operazioni come queste si facessero sulla base di precise garanzie, innanzitutto che la banca continui a fare il suo mestiere principale, che è quello di supportare l’economia. E questo si traduce per la banca in una visione di medio e lungo termine.
Orcel e Commerzbank, Castagna e Anima. Due operazioni completamente diverse.
Non c’è dubbio. Da un lato un’Opa fallita in Germania viene tentata in Italia contro una realtà che sta crescendo. Dall’altra un’operazione strategica, lungimirante, che non esiste solo nella testa dell’ad, ma che l’ad ha annunciato al mercato e che il mercato ha capito e premiato.
Che differenza c’è tra una “banca più grande” stile Unicredit e il terzo polo bancario Banco Bpm-Mps, che Orcel sembra voler prendere in ostaggio?
C’è una differenza profonda, perché Banco Bpm e Montepaschi non si sovrapporrebbero di molto, ma sarebbero complementari. Avremmo una banca di territorio ancora più grande e questo sarebbe molto positivo per il Paese.
Dieci anni fa ci fu la riforma delle popolari voluta dal governo Renzi. L’obiettivo era una modernizzazione del sistema. Un bilancio?
Popolari e banche di credito cooperativo avevano bisogno di essere aggiornate, ma siamo passati da una ristrutturazione anche necessaria all’averle gettate nel mercato tout court. Nessuno ha fatto un esame puntuale se questo sia stato un bene o un male. Abbiamo visto sparire realtà secolari e il Paese è rimasto silente, senza colpo ferire.
Questo cosa ci insegna?
Deve farci capire che le banche non sono semplici aziende, sono anche infrastrutture del sistema-Paese. Non sono neutre: quando si “compra” una banca, si esercita anche un’influenza notevole sulle imprese che venivano finanziate. Con tutto ciò che ne consegue. Quindi bisogna toccarle con molta delicatezza.
(Federico Ferraù)
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