Dopo ben 25 anni di attesa, venerdì scorso a Montevideo è stata messa la firma che ha dato inizio all’accordo commerciale tra Mercosur e Ue. Si può definire come un trattato di libero scambio tra due aree del mondo il cui valore è stimabile intorno ai 45 miliardi sia in entrata che in uscita e nella pratica dovrebbe unire commercialmente Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay all’Ue, eliminando circa il 92% delle tariffe doganali imposte dall’Ue e il 91% di quelle che i Paesi latinoamericani aderenti applicano attualmente alla stessa.
La cosa strana è che questa firma, lungamente attesa, è stata posta quasi all’improvviso da una decisione comune, sia della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che di quello brasiliano Lula da Silva, che molti leader europei non si attendevano con questa repentina accelerazione dopo i biblici tempi di attesa. Difatti von der Leyen è letteralmente precipitata nella capitale dell’Uruguay, dove era in corso una riunione del Mercosur, imponendo la firma. Curioso che il tutto avvenga mentre la Francia sta attraversando la nota crisi istituzionale e che il documento non sia ancora stato reso noto; ufficialmente per non aver eseguito la traduzione dello stesso, cosa che lascia decisamente attoniti di fronte alla sua importanza.
Ovviamente la partita per la definizione totale della trattativa è ancora lunga, visto che si dovrà passare non solo attraverso il voto di Bruxelles ma anche dei singoli Paesi: quindi possiamo tranquillamente affermare di essere arrivati all’inizio dell’ultimo capitolo della telenovela commerciale che però pone diversi interrogativi sul suo futuro.
In primo luogo perché dal 2000, cioè da quando sono state messe le prime basi sul trattato, sia l’Ue che il Mercosur stanno attraversando una crisi istituzionale tale da poter far saltare ambedue le organizzazioni, visto che hanno al loro interno dissapori veramente gravi al punto che il Presidente argentino Milei, nominato per l’occasione Presidente di turno del Mercosur, ha aspramente criticato la sua stessa esistenza, mettendo già i bastoni tra le ruote di un cammino che sarà un vero e proprio Golgota.
Le difficoltà difatti si registrano sia a livello globale che all’interno delle due organizzazioni, visto che in pratica l’accelerazione imposta dall’asse Lula-von der Leyen si giustifica solo con l’imminenza dell’inizio della Presidenza Usa di Trump, che ha già fatto sapere di non gradire i Governi di orizzonte dem sia Ue che del Brasile e l’intera America Latina: l’accordo quindi servirebbe come sbocco economico che possa equilibrare in parte la guerra, sempre economica, che è quasi certo sorgerà con gli Usa.
Altro fattore decisamente importante e vera e propria bomba sempre tra le ruote dell’accordo stesso riguarda le regole che, esenzioni fiscali a parte, lo governeranno e che vedono, ancora una volta, la sostanziale poca lungimiranza di un’Ue tutta impegnata a imporre la propria filosofia “green”, che già ha in pratica mandato all’aria l’industria automobilistica europea, questa volta applicata all’agricoltura. Difatti, nonostante sia stata promessa una sostanziale reciprocità di regole con le quali importare i rispettivi prodotti, il Brasile ha già fatto sapere che farà rispettare le proprie mentre l’Ue chiuderà entrambi gli occhi sull’osservanza delle sue, dando il via a una vera e propria concorrenza sleale che implicherebbe costi semplicemente ridicoli dei prodotti agricoli latinoamericani dettati dalla mancanza di regole che, specie per l’uso di pesticidi altamente proibiti in Europa, si rifletterebbero nello scambio a tutto danno degli agricoltori del Vecchio continente che, come del resto nell’automotive con la concorrenza cinese, non potrebbero assolutamente competere.
Difatti, come scrivevamo sopra, la Francia è da sempre ostile a questo trattato così come viene promosso e lo sono anche molti Paesi Ue dell’Europa Orientale. Viceversa l’Italia, anche se i nostri agricoltori hanno iniziato le loro proteste (che sono arrivate a essere massicce sia in Francia che in Belgio e Olanda) è ancora indecisa sul da farsi, pure se la Premier Giorgia Meloni si è dichiarata contraria all’approvazione dell’ancora “sconosciuto” trattato commerciale.
Come scrivevamo in un articolo recente, commentando la visita del nostro Primo ministro in Argentina, l’Italia si sta muovendo alla definizione di un accordo direttamente con l’Argentina dell'”amico” Milei, che arriverà a Roma il 14 dicembre per presenziare alla manifestazione “Atreju” che ogni anno viene organizzata dal partito Fratelli d’Italia.
C’è però da aggiungere un altro particolare importante: se il trattato Ue-Mercosur dovesse alla fine risultare totalmente operativo, e di conseguenza mettere in crisi l’intera agricoltura europea, il sospetto di un piano teso a far cadere il valore dei terreni agricoli, che alla fine verrebbero acquistati a poco prezzo da multinazionali produttrici di fotovoltaico, appare più che fondato e in perfetta linea con la pazzia green che si vuole imporre nel nostro Continente. Con conseguenze che potrebbero veramente far crollare un’Ue in maniera tutt’altro che pacifica, rompendo un sogno che ovviamente i firmatari creatori del Manifesto di Ventotene e i grandi statisti europei degli anni Sessanta e Settanta avrebbero di certo realizzato in maniera più positiva e soprattutto rispettosi di politiche del bene comune che sono lontanissime in quelle di un’Unione che pare essere più finanziaria che di popoli.
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