Dopo il comunicato dello scorso 14 novembre con il quale la Corte costituzionale ha reso noto il contenuto della decisione di parziale incostituzionalità della l. n. 86/2024, c.d. Legge Calderoli, nella prima settimana di dicembre è stata deposita la sentenza che contiene le motivazioni in fatto e in diritto relative alle censure di legittimità costituzionale avanzate alla legge attuativa dell’art. 116, comma 3 Cost. Dalla sentenza integrale depositata è possibile, infatti, evincere con maggiore chiarezza non solo l’iter logico argomentativo ma anche la ratio decidendi dei giudici costituzionali.
Tra i plurimi rilievi mossi dalla Corte, in questa sede, si approfondirà in particolare la lettura costituzionalmente orientata dell’autonomia differenziata alla luce della corretta e innovativa interpretazione offerta del principio di sussidiarietà.
La Corte costituzionale nelle motivazioni argomenta a favore del principio di sussidiarietà nella sua accezione verticale, che funge da collegamento, per quanto concerne la ripartizione delle competenze tra i diversi livelli istituzionali di governo. Tuttavia afferma che il principio di sussidiarietà verticale non rappresenta un criterio astratto di ripartizione delle competenze, bensì prevede che “sia scelto, per ogni specifica funzione, il livello territoriale più adeguato, in relazione alla natura della funzione, al contesto locale e anche a quello più generale in cui avviene la sua allocazione. La preferenza va al livello più prossimo ai cittadini e alle loro formazioni sociali, ma il principio può spingere anche verso il livello più alto di governo”.
La sussidiarietà adegua l’attribuzione della funzione in base alle caratteristiche ed al contesto in cui essa è chiamata ad operare perché come ribadisce anche la Corte “è dotato di una intrinseca flessibilità”.
Nelle motivazioni della sentenza viene sviluppata il rilievo secondo cui oggetto del trasferimento dovessero essere specifiche funzioni o legislative o amministrative e non blocchi di materie o ambiti di materie, come invece previsto dalla c.d. Legge Calderoli, e che tale opzione dovesse essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà: il principio di sussidiarietà richiede che la ripartizione delle funzioni, e quindi la differenziazione, non sia considerata ex parte principis, bensì ex parte populi.
I tre criteri che devono guidare il giudizio di adeguatezza circa l’allocazione delle funzioni ovvero efficacia, efficienza ed equità trovano fondamento esplicito nel testo costituzionale. L’efficacia richiama il principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost. Se, infatti, vi sono funzioni che possono essere esercitate meglio se allocate al livello statale se non anche europeo, ve ne sono altre che se allocate al livello territoriale di governo più basso permettono “di realizzare più efficacemente sperimentazioni e innovazioni che permettono di migliorare la qualità o l’efficienza delle prestazioni pubbliche”.
In continuità con le previsioni della l. n. 59/1997 c.d. Legge Bassanini e del d.lgs. n. 267/2000 (Teso unico degli enti locali) che leggono la sussidiarietà nella dimensione verticale inestricabilmente legata all’espressività della sussidiarietà orizzontale, la sentenza ribadisce che con le premesse descritte si rende più facile “la promozione della sussidiarietà cosiddetta orizzontale (art. 118, quarto comma, Cost.), ossia l’attribuzione ai cittadini e soprattutto alle loro formazioni sociali di compiti di interesse generale che, in relazione alla loro natura, possono essere svolti in modo più adeguato coinvolgendo le articolazioni della società piuttosto che riservandoli agli apparati pubblici”.
Appare molto interessante il richiamo esplicito che la Consulta esplicita mettendo in relazione diretta da un lato il principio di sussidiarietà verticale e dall’altro il parametro di efficienza della soluzione prospettata dall’allocazione delle funzioni principio di sussidiarietà.
Appare parimenti rilevante il richiamo espresso che la Corte esplicita mettendo in relazione la sussidiarietà con il principio di equità. Infatti, come ha ricordato la Consulta nelle motivazioni, l’attribuzione alle diverse regioni di funzioni pubbliche “che implicano prestazioni a favore dei cittadini, con cui si garantiscono i loro diritti civili e sociali, può avere conseguenze diverse sul piano dell’equità”. Pertanto, ad avviso della Corte “esiste un trade-off tra autonomia regionale e eguaglianza nel godimento dei diritti, rispetto al quale deve essere trovato un ragionevole punto di equilibrio, attraverso un’adeguata allocazione delle funzioni e idonei meccanismi correttivi delle disparità, evitando conseguenze negative in termini di diseguaglianze”.
Il principio di sussidiarietà richiede proprio che il trasferimento riguardi le funzioni, non le materie, di natura legislativa e/o amministrativa, definite in relazione all’oggetto e/o alle finalità, e sia basato su una ragionevole giustificazione, espressione di un’adeguata istruttoria.
Per questi motivi, l’approccio che appare proporre la Corte costituzionale per l’attuazione dell’autonomia differenziata è quello della continua ricerca e della realizzazione di un punto di equilibrio tra eguaglianza e differenze con la sussidiarietà che diventa un principio che permette di realizzare pienamente da un lato l’efficienza delle funzioni non solo nell’allocazione ma anche nell’erogazione e dall’altro consente di tutelare la coesione sociale e territoriale nel segno della solidarietà, sostanziando il pluralismo sociale e il principio democratico.
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