Si è appena consumata la ribellione jihadista che ha abbattuto il potere di Assad nella martoriata Siria e ci stiamo interrogando sul futuro di quel magnifico Paese, dilaniato dalla guerra civile dal 2011. Che cosa verrà imposto alle donne e alle minoranze? Possiamo fidarci delle promesse di “democrazia” e “inclusione”? L’Occidente sembra fiducioso, ma proprio in queste settimane dall’Iran, Stato teocratico le cui recenti vicende non ci sono sconosciute, sono arrivati sugli schermi due storie coraggiose che forse ci mettono in guardia: la Repubblica islamica appare incompatibile con la libertà.
La prima pellicola, Leggere Lolita a Teheran, diretta dal regista israeliano Eran Riklis e tratta dal bestseller di Azar Nafisi, sembra smentire ogni facile ottimismo, ricordandoci le speranze deluse del 1979. Viene infatti raccontata la storia di Azar Nafisi, una professoressa di letteratura angloamericana che, insieme con il marito ingegnere, torna in Iran dopo la rivoluzione di Khomeini, piena di aspettative per il futuro della sua patria. Purtroppo si deve immediatamente scontrare con le implacabili imposizioni della sharia, diventata di fatto legge dello Stato. Azar, dalla personalità forte e determinata, cerca di opporsi all’obbligo di indossare l’hijab, il velo islamico, ma dovrà cedere per poter continuare a insegnare in università, dove comunque sarà costretta a sottostare alla censura della lista dei testi di lettura da proporre nel suo corso.
Attraverso le vicende della docente e della sue studentesse più coraggiose – i maschi la contestano – emerge uno spaccato terrificante della condizione femminile in Iran, che ha radici lontane. Solo oggi, a seguito delle notizie di cronaca più drammatiche sulle ragazze incarcerate e uccise per non aver indossato correttamente il velo, cominciamo ad aprire gli occhi in Occidente.
Nella visione del film ci impressionano proprio le immagini che mostrano la violenza feroce del regime che reprime ogni richiesta di autonomia di pensiero da parte degli universitari e degli intellettuali, controlla che nei locali non si ritrovino coppie non sposate nemmeno davanti a una tazza di tè, incarcera senza pietà gli oppositori e li tortura. E ancor più ci colpisce la tenacia di Azar, che non vuole rinunciare al suo amore per la letteratura e alla possibilità di condividerlo. Poiché non è più consentito leggere i classici occidentali in Università, abbandona la cattedra e invita le studentesse a casa sua, per continuare a fare lezione insieme, con prudenza ma con coraggio e orgoglio. La letteratura fa pensare, permette a queste donne indomite di confrontarsi con le loro speranze, le paure, gli amori difficili e le delusioni, nella ricerca di una femminilità negata da una società sempre più oppressiva.
I romanzi amati dall’insegnante, Lolita, Il grande Gatsby, Orgoglio e pregiudizio, sono solo uno strumento di libertà contro un fanatismo religioso che rifiuta senza possibilità di appello tutto ciò che è occidentale. E il fanatismo religioso non può che essere condannato per la sua ottusità e crudeltà. Tanto che la stessa docente, che pur desiderava profondamente dare il suo contributo per la crescita del suo Paese, si trova costretta ad abbandonarlo per ritornare negli Stai Uniti e garantire anche alle figlie una possibilità di espressione impedita nel dispotico regime di Teheran. L’attualità dei temi trattati, nel contesto della tragica condizione delle donne in Iran, come pure nell’Afghanistan di oggi (dove quasi un milione e mezzo di ragazze sono private dai talebani del diritto all’istruzione secondaria), e speriamo non nella Siria di domani, rende necessaria e utile la denuncia del regista.
Il secondo film sulla condizione femminile in Iran è La testimone-Shahed del regista Nader Sayevar, realizzato in collaborazione con il maestro del cinema iraniano Jafar Panahi, più volte arrestato per i suoi lungometraggi condannati dal regime islamico. Gli è stato anche proibito di scrivere sceneggiature, dirigere film e concedere interviste ai media nazionali o stranieri; ma ha comunque ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Per i due cineasti La testimone (girato “sottotraccia” a Teheran in 45 giorni, ma montato e prodotto all’estero), intende mostrare che la verità deve essere cercata con ostinazione e che la lotta per la libertà richiede coraggio e tenacia. Sono queste le doti della protagonista Tarlan, insegnante in pensione, da sempre impegnata nella tutela dei diritti dei più deboli. Ha adottato una figlia, Zara, che insegna danza nella sua scuola, e a sua volta ha trasmesso la stessa passione alla figlia adolescente.
Zara ha sposato un uomo d’affari legato al Governo, che non vede di buon occhio l’attività della moglie, né la decisione di non indossare il velo: potrebbero danneggiare la sua carriera e perciò la punisce severamente per costringerla a rinunciare alla sua professione “disonorevole”. Del resto non è l’unico ad avere questa pretesa su di lei; anche le “custodi” della morale islamica la richiamano duramente quando la vedono guidare con i capelli scoperti, minacciando di denunciarla. Un giorno Zara scompare. Tarlan sospetta del genero e cerca aiuto nella polizia perché scopra il colpevole. Ma viene intimidita dai tutori dell’ordine e subisce pure il ricatto del figlio, appena uscito di prigione dopo una condanna per debiti. Tutti cercano di impedirle di avere giustizia in quel mondo ipocrita e corrotto, tutto maschile, in cui dominano delazione, pressioni arbitrarie, costrizioni occulte per non far emergere la verità.
Il film ha la forza della storia vera, ci presenta una donna anziana indomita, che rifiuta la sottomissione ed è capace di trasmettere alla nipote il suo inesauribile anelito alla libertà e alla giustizia. La scena finale della ragazza che danza leggera dà speranza al mondo femminile iraniano che soffre e combatte. Più che meritato quindi il Premio a Venezia, soprattutto per una pellicola che ha dovuto essere realizzata in modo clandestino.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI