L’11 dicembre 2024 il Senato ha approvato il Disegno di legge n. 1264, noto come Collegato Lavoro. Il testo si inserisce nel quadro della Legge di bilancio 2024 e introduce alcune modifiche alla normativa in materia di lavoro, ben lontane, come risulta dal contenuto delle principali novità, da costituire una svolta, limitandosi ad alcuni aggiustamenti e semplificazioni.
Sicurezza sul lavoro: maggiore trasparenza e monitoraggio. Il decreto legislativo 81/2008 subisce modifiche volte a rafforzare la sicurezza sui luoghi di lavoro. Tra i punti salienti, l’istituzione di una Commissione per gli interpelli presso il ministero del Lavoro e una relazione annuale sullo stato della sicurezza. Novità anche per il medico competente, che dovrà considerare gli esami clinici pregressi dei lavoratori per evitare ripetizioni inutili.
Sospensione della cassa integrazione: maggiore controllo. L’articolo 6 introduce nuove regole per la compatibilità tra cassa integrazione e attività lavorativa. I lavoratori che svolgono altre attività, senza preventiva comunicazione all’Inps, decadono dal diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate.
Fondi di solidarietà bilaterali: gestione flessibile. Il provvedimento prevede la possibilità di trasferire risorse dai fondi di integrazione salariale a nuovi fondi bilaterali, per garantire una gestione più efficace e mirata. Questa norma viene ritenuta importante per rispondere alle necessità delle imprese in settori specifici.
Somministrazione e lavoro stagionale: maggiore chiarezza normativa. La somministrazione di lavoro vede una semplificazione delle condizioni contrattuali, con benefici per i lavoratori svantaggiati e per coloro che beneficiano di ammortizzatori sociali. Viene inoltre fornita un’interpretazione autentica delle attività stagionali, includendovi eventuali intensificazioni lavorative in determinati periodi dell’anno.
Apprendistato e formazione: nuove risorse. Per quanto riguarda le politiche formative vengono stanziate risorse per l’apprendistato e promossa una maggiore integrazione tra percorsi formativi e fabbisogni del mercato del lavoro.
Risoluzione del rapporto di lavoro: una norma importante. Tra le novità più rilevanti, l’introduzione di una disposizione che permette ai datori di lavoro di considerare risolto il rapporto in caso di assenza ingiustificata protratta oltre i 15 giorni, salvo cause di forza maggiore. La norma è finalizzata a superare una discrepanza contenuta nella disciplina di contrasto al fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco. Sia chiaro: quella di far firmare ai lavoratori (e in particolare alle lavoratrici) una lettera che il datore potrà usare, a sua discrezione, come atto di dimissioni volontarie (evitando così le procedure del recesso) è una prassi disonesta, infame e meritevole di essere contrastata in ogni modo. Con buon senso, però; come aveva provveduto a fare la legge n.92/2012 (la riforma Fornero del mercato del lavoro), la quale stabiliva che le dimissioni avessero effetto solo se date in una sede “protetta” (sindacale, amministrativa, giudiziaria), con modalità trasparenti e come espressione della libera volontà del lavoratore. In caso contrario (ovvero in mancanza degli adempimenti previsti) il rapporto di lavoro continuava a sussistere. Veniva, tuttavia, tutelato anche il datore di lavoro per i casi nei quali il dipendente (capitava con molti stranieri) non seguisse le procedure stabilite o non si presentasse più in azienda. Il datore poteva “metterlo in mora” invitandolo a rientrare al lavoro entro un certo periodo, trascorso inutilmente il quale, il rapporto si intendeva risolto ex tunc. Nella successiva legislatura le Erinni del Parlamento, come se non esistesse già una normativa vigente, pretesero di ripristinare una disciplina, abrogata, a suo tempo, del Ministro Maurizio Sacconi, perché si era rivelata funesta. Per dare le dimissioni il lavoratore doveva scaricare e compilare un apposito modulo dal sito del dicastero del Lavoro. I licenziamenti per giustificato motivo e per giusta causa aumentarono per colpa di questa norma cretina che determinava una possibile situazione di stallo. Infatti, se uno non seguiva la procedura informatica il rapporto non si scioglieva e il datore doveva licenziare il soggetto per assenza continuativa e ingiustificata. In sostanza, era costretto ad avvalersi del potere disciplinare, con tutti i rischi che comporta questa fattispecie di licenziamento (l’impugnazione, l’esame del giudice, il risarcimento) oltre al pagamento della “tassa” prevista. Il lavoratore, inoltre, poteva usufruire, a fronte dei requisiti richiesti, della Naspi. L’attuale norma inserita nel collegato, stabilisce la risoluzione del rapporto di lavoro – salvo i casi di forza maggiore – dopo 15 giorni di assenza ingiustificata.
Smart working: termini di comunicazione più stringenti. Viene stabilito un termine di cinque giorni per la comunicazione obbligatoria delle attività di lavoro agile, sia per l’inizio che per le modifiche contrattuali.
Impatti economici e prossimi passi. Le nuove disposizioni si pongono l’obiettivo di equilibrare la flessibilità del mercato del lavoro con la tutela dei diritti dei lavoratori. Tuttavia, saranno necessari ulteriori decreti attuativi per rendere operative alcune misure, lasciando margini di incertezza sulla tempistica e sull’effettivo impatto delle riforme.
Contratti a termine: periodo di prova. Vengono ridefiniti i periodi di prova per i contratti a termine. Per contratti fino a sei mesi, il periodo di prova varia tra 2 e 15 giorni. Per contratti superiori a sei mesi ma inferiori a dodici, il periodo di prova va da 2 a 30 giorni.
Contratti a termine nel decreto Milleproroghe. Il Milleproroghe, nel testo varato dal Governo, dispone la proroga fino al 31 dicembre 2025 della possibilità, per i datori di lavoro del settore privato, di stipulare contratti a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 mesi, avvalendosi di causali meno restrittive. La “causale flessibile” o “causale individuata tra le parti” nei contratti a termine, attualmente in vigore, è estesa quindi fino al 31 dicembre 2025.
Posizione del Governo. Con questo provvedimento, il Governo ha inteso intervenire in modo incisivo su tematiche cruciali per il mondo del lavoro, rispondendo alle sfide di un mercato in continua evoluzione.
Valutazione della Cgil. “Un’operazione decisa ignorando le richieste di chi rappresenta i lavoratori, negando, gravemente, qualsiasi forma di dialogo sociale. Anche nel passaggio al Senato si è scelto di non confrontarsi sulle proposte e gli emendamenti presentati, di non incontrare le organizzazioni sindacali, di non svolgere dibattito”. “Il provvedimento appena varato è di una gravità inaudita perché non farà altro che ridurre le già fragili tutele nel lavoro, aumentando la precarietà, i contratti brevi e il lavoro povero e indebolire la contrattazione”. “Invece di ascoltare le istanze del sindacato, di ripensare i contenuti del provvedimento, si è scelto di andare dritti verso un mondo del lavoro che peggiorerà la dignità e le tutele dei giovani, dei Neet, delle donne; che non fornirà risposte ai part time involontari, ai lavoratori a termine, ai somministrati e agli stagionali, a chi ha un’occupazione al nero e irregolare, agli autonomi con o senza partita iva; che non punterà a eliminare i contratti più poveri e precari”. “Con l’arroganza del potere si continua a mostrare il volto patinato dei numeri relativi alla crescita dell’occupazione, ma si prosegue a ignorare il problema dell’insicurezza, della povertà, della scarsa qualità del lavoro, e questo è un danno per il presente, ma anche per futuro delle persone”. “Per cambiare questo Paese, per rimettere al centro i diritti e la libertà delle persone, la Cgil continuerà nell’iniziativa sindacale, a partire dai quattro quesiti referendari promossi dalla Confederazione per un lavoro dignitoso, stabile, tutelato e sicuro”.
La solita musica. Il basso profilo del Collegato lavoro è evidente. Non porta innovazioni significative, corregge qualche errore, razionalizza talune procedure. Proprio per questi motivi le critiche sono esagerate. Vi è una differenza sostanziale tra omissioni e commissioni.
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