Si fa sempre più insistente l’interesse ad approfondire le motivazioni che stanno portando la scuola paritaria ad una graduale e costante riduzione. Solo nell’ultima decina di anni (dati Altis) siamo passati dalle 13.825 scuole del 2012-13 alle 11.426 del 2023-24, una media di 218 scuole in meno ogni anno. Lo stesso trend si nota, evidentemente, nel numero degli studenti frequentanti, passati da 1.036.312 nel 2012-13 a 770.713 nel 2023-24, con una riduzione di 266.182 studenti, una media di 24.198 studenti in meno ogni anno. Dall’11,8% al 9,8%.
Il calo è diverso a seconda degli ordini di studi: 219.683 (-34%) nell’infanzia, 37.159 (-19%) nella primaria, 3.117 (-4%) nella secondaria di primo grado e 6.223 (-4%) nella secondaria di secondo grado.
Le discussioni in atto vanno alla ricerca delle motivazioni che hanno causato questa forte riduzione: calo della natalità, che interessa evidentemente soprattutto la scuola dell’infanzia (nelle scuole di Stato i dati indicano una riduzione inferiore), chiusura di molte scuole (soprattutto le piccole) per difficoltà di gestione, riduzione del personale religioso volontario causa riduzione delle vocazioni, con conseguenti aumenti dei costi del personale, difficoltà economiche post periodo pandemico. Ma anche minor potere di acquisto, soprattutto del ceto medio, tradizionalmente la classe sociale che utilizza di più il servizio delle scuole paritarie, mancato adeguamento dei contributi dello Stato alla perdita di potere di acquisto (quasi il 50%) dei contributi erogati, fermi da una quindicina di anni ai ca. 500 milioni (erogati quasi esclusivamente a scuole dell’infanzia e primarie), nessun intervento di aiuto da parte dello Stato (fatto salvo due o tre Regioni) alle famiglie che iscrivono i figli alla scuola paritaria (né bonus, né detrazioni fiscali). E infine interventi economici verso le scuole solo attraverso PON e PNNR, che evidentemente si riferiscono a progetti aggiuntivi (vedi Piano estate, Scuola futura, formazione docenti, ecc.) solo per le scuole “non commerciali”, ma che non sono di aiuto per la gestione ordinaria (aumento affitti, costi del personale, ecc.).
Tutto questo in un contesto che evidenzia il risorgere prepotente dell’ideologia che contesta la presenza della scuola paritaria (dimenticando volutamente il servizio pubblico che offre) e vorrebbe che la scuola fosse solo statale. Basti pensare a come venne accolto da questa parte di opinione la notizia di un incremento di contributi per il sostegno agli studenti con disagio che frequentano la scuola paritaria: “basta soldi alla scuola paritaria!” (una fake news, perché sono soldi alle famiglie a parziale copertura del costo per il sostegno, gratuito nella scuola statale). O come negli ultimi giorni, quando è stato messo in discussione un buono scuola nazionale, da mesi anticipato dal ministro Valditara: “basta soldi alla scuola paritaria, ogni centesimo vada alla scuola statale che ne ha bisogno! (un’altra fake news, perché sono soldi che vanno alle famiglie meno abbienti che vogliono veder riconosciuto il loro diritto alla libera scelta educativa).
In questa situazione anche tra i politici favorevoli sembra serpeggiare il timore di reazioni e forti contrasti con gli oppositori, che possano portare a rotture degli equilibri raggiunti, o si chiedono informazioni sulla qualità dei servizi offerti dalla scuola paritaria: valori e diritti sembrano dimenticati.
Cosa fare? La prima domanda che viene spontanea è: noi dove siamo? Dov’è il popolo della parità? Il contrasto ideologico è sempre esistito! Qualche mese prima dell’approvazione della legge di parità fu indetta una manifestazione contro la possibile approvazione di una legge di parità, in fase di discussione in Parlamento. Si svolse a Roma l’11 dicembre 1999, con la partecipazione di 50mila persone. il titolo era “Per la difesa e il miglioramento della scuola pubblica, contro ogni tentativo di smantellarla”, uno slogan significativo dei preconcetti strumentali portati avanti dagli oppositori. La legge fu comunque approvata, grazie alla grande spinta, convinzione e determinazione del “popolo della parità”.
Alla fine degli anni 90, sul grande albero della libertà, ben piantato in ogni Stato libero e democratico, spuntò un “germoglio”, quello del diritto civile alla libera scelta educativa. La botanica ci insegna la forza incredibile di un germoglio da cui nascono le foglie, il ramo, il fiore e il frutto. Questa è la grande forza che ha avuto il germoglio della libertà di scelta che ha prodotto non solo la grande manifestazione del Palavobis, ma altre centinaia di manifestazioni e pressioni sui politici, fino alla grande Piazza San Pietro dove 200mila persone raccolte davanti a Papa Giovanni Paolo II non gridarono “parità”, ma per cinque lunghi minuti, interminabili per i politici presenti, gridarono ”libertà, libertà, libertà”, libertà di poter vedere riconosciuto il loro diritto civile. Un germoglio che grazie alla cura, alla convinzione dei valori che rappresentava, e alla determinazione del Popolo della libertà, ha prodotto il frutto, la legge 62/2000.
Crediamo ancora ai valori rappresentati dal diritto alla libertà di scelta educativa, ovvero diritto del genitore di educare i propri figli, diritto a non essere discriminati da un punto di vista economico nel poter scegliere la scuola per i propri figli (i sondaggi nel tempo hanno sempre indicato che un 15-20% delle famiglie – più del doppio di quanto non lo siano oggi – sceglierebbe la scuola paritaria per i propri figli se non avesse vincoli di natura economica), diritto a che i loro figli abbiano un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali nel caso frequentino una scuola paritaria (art. 33 della Costituzione), diritto delle scuole paritarie ad avere pari dignità con la scuola statale nell’unico Sistema nazionale di istruzione (legge 62)?
Luigi Berlinguer ricordava ai suoi compagni di partito che la legge di parità è una “legge di sinistra” perché permette ai meno abbienti di poter disporre di offerte formative che altrimenti sarebbero riservate solo a chi ha possibilità economiche: lo crediamo ancora?
La legge di bilancio, oggi in discussione, potrà portare qualche “briciola”, ma non neghiamo le nostre responsabilità. Siamo disposti e pronti a curare l’albero della libertà perché sbocci un altro germoglio dei valori in cui abbiamo creduto e crediamo? Siamo pronti a curarlo e determinati (almeno quanto gli oppositori della scuola paritaria) a difenderlo perché dia frutti utili alla sopravvivenza ed alla valorizzazione della scuola paritaria?
In caso contrario è solo questione di tempo. Il sistema di istruzione si consoliderà con la presenza della scuola statale, delle scuole internazionali (con rette molto elevate) e di scuole non statali capaci di offrire un servizio pubblico di alta qualità a rette di frequenza elevate, necessarie per garantirne la gestione, ma non saranno più “paritarie” perché riservate, inevitabilmente, solo ad una classe sociale medio alta e limitate nella loro presenza. Lascio a noi tutti e al mondo politico la doverosa riflessione.
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