Lusso, automotive, meccanica: erano i segmenti forti della produzione in Veneto. Erano, perché oggi il lusso si ritrova molto mitigato in uno dei suoi target migliori per l’export, la Cina; e l’automotive e la meccanica sono depressi per la crisi della Germania e della Francia, una crisi economica e politica, probabilmente la prima dovuta alla seconda.
Lo sostengono tutti gli stakeholder regionali, anche sulla base degli ultimi dati Istat, che parlano di un Pil regionale che, riflettendo il dato nazionale, non sfonda il tetto dell’1%. A partire da Enrico Carraro, Presidente degli industriali veneti, che non risparmia gli appunti al Governo: “Ci aspettavamo che un Governo forte nei numeri realizzasse qualcosa di concreto in Europa, insieme con Francia e Germania, per ridarle un orizzonte industriale”. Orizzonte perduto per via della contrazione dei consumi (c’entrano forse le rincorse scellerate all’aumento di tutti i listini, che arrivano spesso a cifre inavvicinabili per i più, o anche le posture assunte dalla Bce sul fronte credito?); della trasformazione industriale (vedi Industria 5.0, la sinergia tra i principi della sostenibilità e innovazioni come l’intelligenza artificiale, l’IoT e i big data, per plasmare le fabbriche smart, una misura che però finora ha visto richieste di finanziamento inferiori a 75 milioni di euro, su un plafond di 6,23 miliardi di euro), soffocata da una scoraggiante burocrazia; ma perduto anche – si deve aggiungere – per l’insipienza delle strategie industriali, sia del Governo che degli stessi imprenditori (la parabola Stellantis dovrebbe essere sufficientemente esemplificativa).
Eccessivo riportare che un battito d’ali qui provoca uno tsunami in Giappone, ma serve ricordare con oggettivo revisionismo quell’Italia prima in Europa nella ricrescita, come ci si pavoneggiava appena la scorsa estate, tralasciando che l’Italia non è un pianeta felice e lontano da qualsiasi contaminazione, ma che invece è una realtà produttiva inserita in un contesto europeo e mondiale. Fare finta che tutto quello che succede al di là delle Alpi non ci riguarda, e che anzi le grane altrui tutto sommato ci fanno quasi sorridere, è appunto una finta, una balla che rivolgiamo a noi stessi.
Il quadro è confermato anche da Pier Luigi Ruggiero, direttore della sede di Venezia di Banca d’Italia. “L’industria è ferma, ma pronta a ripartire”, ha detto, commentando le valutazioni delle imprese ricavate da un sondaggio, tra settembre e ottobre, su 340 attività in regione, che segnala il peggioramento, sul 2023, del saldo tra chi vede in diminuzione, rispetto a chi lo dà in crescita, il fatturato nei primi 9 mesi 2024 e di chi lo attende ancora in calo nei sei mesi successivi, fino a marzo 2025. Peggiora anche l’andamento degli investimenti nel 2024 rispetto al previsto e a quelli programmati nel 2025. E poi c’è il dato della cassa integrazione: tra gennaio e settembre sale del 50% nelle ore autorizzate, 52,2 milioni, rispetto al 2023, e del 54% nell’industria, a 48 milioni di ore.
In Veneto, ribadisce l’analisi “Monitoraggio dell’economia dei territori” di Cna Veneto e Centro Studi Sintesi, soffrono soprattutto l’artigianato e la meccanica, con un aumento della cassa integrazione del 50% per gli artigiani e alla difficoltà nel pagamento di mutui e tasse per le imprese della seconda categoria, gravate dalla diminuzione delle commesse.
Dopo la ripresa economica post-Covid del 2021 (+8,7%) e il successivo consolidamento del 2022 (+4,9%), il 2023 ha segnato una battuta d’arresto, con una crescita limitata allo 0,9%. Le prospettive per il 2024 e il 2025 rimangono fiacche, con previsioni di aumento rispettivamente dello 0,8% e 0,9%. Padova e Rovigo non sfuggono a questo quadro: il numero delle imprese attive al 30 settembre 2024 è sceso a 85.404, l’1,5% in meno rispetto al 2019, con Rovigo che segna una riduzione ancora più marcata (-7,1%).
Il turismo, in tutto ciò, rappresenta una delle poche note positive, in una regione che in toto ha registrato anche quest’anno performances record: nel padovano, ad esempio, le presenze turistiche sono aumentate del 2,8% nel primo semestre del 2024.
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