Un incontro che nessuno può impedire

Talvolta pare che le nostre corse abbiano lo scopo di non farci pensare dove stiamo andando. Eppure, nel Natale la preferenza d Dio viene e ci chiama

“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda” (Lc 1, 39). Inizia così il Vangelo di oggi, quasi a volersi sintonizzare con i nostri ritmi frenetici prima del Natale. I giorni delle “ultime cose da fare, gli ultimi regali da comprare…” e delle corse, dei clacson che suonano più del solito, delle code in auto, del nervosismo nei negozi, delle spese nei supermercati per pranzi e cene. Si corre in questi giorni, si va di fretta, tutto dice di un’attesa, ma di chi? In Memorie dal sottosuolo (1864), Fëdor Dostoevskij (1821-1881) scriveva: “Alla vita ci siamo disabituati tutti e zoppichiamo tutti, ognuno di noi, chi più, chi meno. Ce ne siamo disabituati a tal punto che talora per la vera vita viva proviamo perfino una certa ripugnanza ed è per questo che non possiamo sopportare che qualcuno ce lo rammenti perché siamo arrivati quasi al punto di ritenere che la vera vita viva non sia altro che fatica”.



Talvolta pare che le nostre corse abbiano proprio lo scopo di non farci pensare a dove stiamo andando, a ciò che dà anche al correre il vero significato. Entriamo in un “tunnel” di abitudini che non prevede l’accostarsi di qualcuno che ci ricordi il vero gusto di una vita viva. Eppure accade lo stesso. Tutta la somma delle nostre distrazioni e mancanze, tutto il cumulo di peccati e menzogne, non sono in grado di impedire l’accadere di un incontro che ci riconsegni le ragioni di ogni cosa.



Come scrisse don Julián Carrón in un articolo sul Corriere della Sera in occasione del Natale 2021: “Si fa strada l’impressione di una crescente inermità di fronte alla vita. La fuga dalla realtà appare perciò a molti come l’unica possibilità di acquietarsi. Eppure, neanche in questo ‘ritiro dal mondo’ le persone riescono a darsi pace. Per quanto diverse siano le situazioni delle persone, in ognuna di esse riemerge in tutta la sua imponenza l’irriducibilità dell’io, della sua esigenza di senso”.

A questa esigenza di senso il Figlio di Dio è venuto a dare risposta con la sua carne, come racconta il Vangelo di oggi: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo”. È di un sussulto che ha bisogno anche la nostra vita per non soccombere alla noia, per non ridurre il grido del nostro io a una sorta di rabbia istintiva in risposta alle sfide che ci attendono. Giovanni Battista, ancora nel grembo di sua madre, riconosce fisicamente la presenza di Colui che è il significato stesso. Sant’Ambrogio commenta così questo particolare dell’episodio evangelico odierno: “Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l’ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l’arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l’arrivo della donna, il bambino l’arrivo del bambino”.



La preferenza di Dio consente al Battista una sintonia unica con il frutto del grembo della Madre di Dio. La sintonia che spesso ci manca quando, complicando i dati della realtà, viviamo come se quella preferenza per noi non ci fosse. L’attesa del Natale diventa così l’occasione per un sussulto, quello di chi riconosce che l’imprevedibile è accaduto.

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