L’Italia, come la Germania, non riuscirebbe a cambiare il modello economico trainato dall’export nemmeno aumentando il volume di scambi entro un’Ue – pur utile – riformata per far crescere di più le sue nazioni. Pertanto l’economia italiana deve estendere il proprio raggio commerciale sul piano globale con un livello di priorità maggiore di quello percepito per ridurre il rischio di sovracapacità e declino prospettici nonché decompetitività. In questi giorni il ministero degli Esteri, che ha incorporato la funzione del Commercio estero, sta valutando con consapevolezza questa missione, qui una mia opinione di strategia.
Nel 1993, quando fui consigliere per gli scenari strategici di Beniamino Andreatta, ai tempi ministro degli Esteri nel Governo Ciampi, proposi una strategia del doppio binario contrapposta a quella di dipendenza esclusiva dall’azione commerciale dell’Ue che si stava delineando come requisito per la strutturazione del mercato unico europeo. Cioè utilizzare l’Ue come moltiplicatore di forza, ma anche altre alleanze nonché partenariati strategici selettivi bilaterali. Il motivo era che prevedevo una concorrenza intraeuropea con Germania, Francia e altri dove l’Italia era svantaggiata. Ora Roma appare meno svantaggiata sul piano Ue, ma il problema resta. E la soluzione macro-strategica, secondo me, è la seguente: Italia più influente nell’Ue per renderla più estroversa grazie a un aumento della rilevanza internazionale dell’Italia stessa attraverso azioni globali d’avanguardia.
Esempi: il piano Mattei verso l’Africa che diventa un progetto nazionale sia trainante per tutta l’Ue, sia concordato con gli Stati Uniti; una posizione più attiva nel progetto Imec di connessione tra Indo-Pacifico e Mediterraneo via Penisola arabica e Israele che già include europei, americani, arabi sunniti e India; ecc. Poi partenariati strategici selettivi solo nazionali come quello con Giappone e Regno Unito per il caccia di sesta generazione Gcap, combinati con programmi militari europei multilaterali per dare forza nazionale ai secondi e al primo.
Semplificando, Roma dovrebbe spingere l’Ue a fare più trattati economici esterni, come quello in avvio con il Mercosur, verso Pacifico e Africa, anticipandoli con partenariati binazionali nonché siglando questi in autonomia nazionale tenendo come costante la convergenza con gli Stati Uniti. In sintesi: una doppia lealtà verso America ed Europa che diventi unica in relazione all’alleanza G7.
Non facile? Certo, ma non impossibile: il vettore di politica estera italiana ha già questa direzione. Per tale strategia geoeconomica di una potenza geopolitica medio-piccola servirebbero alcune rifiniture: a) accordo bilaterale con la Germania per minimizzare la concorrenza globale e aumentare la collaborazione; b) accordo militare speciale tra Italia e Stati Uniti; c) armonizzazione tra politica industriale interna e politica estera italiane. Dettagli nel mio libro “Italia globale” (Rubbettino, 2023).
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