L’alleanza strategica tra Russia e Cina è una delle questioni più controverse nelle relazioni internazionali. Da un lato, rappresenta la principale fonte di preoccupazione per gli Stati Uniti e i loro alleati; dall’altro, si conferma una relazione complessa e difficile da decifrare. La convergenza di interessi che ha dato vita a questa partnership si fonda su una visione condivisa e revisionista dell’ordine globale, che si oppone all’egemonia statunitense e promuove, in modo strumentale, un mondo multipolare.
Il 2025 potrebbe segnare un punto di svolta, in cui le fragilità di questa relazione potrebbero trasformarsi in un serio problema per entrambe le leadership. Dal punto di vista economico, le relazioni russo-cinesi si caratterizzano per una profonda asimmetria. Gli scambi commerciali tra i due Paesi, che nel 2023 hanno raggiunto i 240 miliardi di dollari (+26,3% rispetto all’anno precedente) e nel 2024 si sono attestati a 202,2 miliardi di dollari (+4% su base annua), rivelano un forte squilibrio a favore della Cina, il cui surplus commerciale ha toccato i 75,34 miliardi di dollari nel 2023.
Questo sbilanciamento riflette la natura asimmetrica degli scambi: la Russia è sempre più dipendente dalle importazioni di tecnologia cinese e dalla domanda di risorse naturali a basso costo da parte di Pechino. Tale dinamica è aggravata dalla progressiva trasformazione dell’economia russa in un’economia di guerra, che ha imposto la fine della politica monetaria restrittiva della Banca centrale, fino a quel momento sapientemente guidata da Elvira Nabiullina. Nel corso del 2025, questo cambiamento rischia di condurre a un’inflazione crescente, una drastica riduzione degli investimenti e un calo della domanda interna, rendendo la Russia un mercato sempre meno attraente per le esportazioni cinesi. La condizione di “junior partner” della Russia nei confronti della Cina diventa sempre più evidente, suscitando potenziali imbarazzi per la leadership russa.
Mosca è ancora disposta ad accettare che le proprie risorse energetiche siano vendute a prezzi inferiori rispetto al mercato, ma l’aumento dell’influenza cinese nell’Estremo Oriente russo, visibile attraverso l’incremento degli investimenti infrastrutturali e della presenza demografica cinese, è una realtà che non può essere ignorata ancora a lungo.
Anche per Pechino, tuttavia, questa relazione presenta delle problematiche. La Cina potrebbe presto interrogarsi sulle conseguenze del suo sostegno alle guerre di Putin. Il protrarsi del conflitto in Ucraina e gli sviluppi della crisi siriana hanno palesato agli occhi del Governo cinese l’incapacità della Russia di fungere da antemurale nei confronti dell’Occidente. Sebbene questi fronti distraggano gli Stati Uniti dallo scenario di Taiwan, rappresentano fonti di instabilità che danneggiano l’economia cinese, che necessita di stabilità in regioni fondamentali per le proprie esportazioni come l’Europa centrale e il Medio Oriente. A tal proposito, è importante ricordare il ruolo strategico che Ucraina e Siria rivestivano nella Nuova Via della Seta.
La strategia di Putin rischia di aggravare questa situazione, come dimostra il rafforzamento dei legami con Nord Corea e Iran, relazioni che potrebbero coinvolgere ancora di più Pechino, aprendo nuovi fronti e riducendone al contempo l’influenza globale.
In definitiva, l’evoluzione del conflitto e la formazione di nuove alleanze potrebbero spingere Mosca a tentare di orientare la strategia cinese secondo i propri interessi. Quanto nel febbraio del 2022 Putin e Xi Jinping hanno consolidato la propria partnership, definita “senza limiti” nella retorica dei due regimi, parlammo delle criticità intrinseche di questa relazione e definimmo questa amicizia come il frutto di una convergenza di interessi fra due leadership personali. Più che di una alleanza fra Cina e Russia, parlammo di un legame fra due personalità che avevano bisogno l’uno dell’altro per rafforzarsi.Il 2025 potrebbe rappresentare l’anno in cui le crepe di questa alleanza avranno ripercussioni sulle rispettive leadership, entrambe fortemente legate a un’aspettativa di successi che tarda a realizzarsi. Le difficoltà economiche, la competizione in Asia centrale e in Africa e la lotta per diventare il punto di riferimento dei Paesi del Global South potrebbero rendere il 2025 un anno particolarmente difficile per una “amicizia” che, a dispetto delle dichiarazioni di facciata, ha molti limiti con cui fare i conti.
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