I dati dell’Osservatorio Enpaia-Censis: “70% degli agricoltori favorevole a tardare il pensionamento”
In un’Italia (specialmente quella composta dalla minoritaria fetta giovanile) che vorrebbe anticipare il pensionamento rispetto alle tendenze sociali, gli agricoltori sembrano porsi in completa controtendenza arrivando addirittura a chiedere di poter lasciare il mondo lavorativo quando meglio credono indipendentemente dall’età: questo è il – singolare – dato che emerge dall’ultimissimo rapporto stilato dall’Osservatorio Enpaia-Censis che si è concentrato proprio sulle aspettative pensionistiche degli agricoltori che – soprattutto guardando a quelli più in là con l’età – sembrano essere ben propensi a tardare il più possibile il momento del pensionamento; forse in virtù del probabilmente misero assegno che gli spetterebbe dopo aver versato pochi contributi (ovviamente non per scelta personale) o forse per via di un singolare ed unico attaccamento ai loro campi.
Partendo proprio dai dati raccolti dall’Osservatorio Enpaia-Censis è interessante notare che se da un lato il 65,1% (dato assoluto, che aumenta fino a quasi il 70 per cento se prendiamo in esame solamente la fascia d’età tra i 35 e i 64 anni) degli agricoltori che hanno partecipato al sondaggio ritengono che l’aumento forzato dell’età del pensionamento sia una sorta di “costrizione della libertà individuale”; al contempo per un altro 70% (anche qui dato assoluto, che questa volta sale all’80 se guardiamo agli over 64) si dovrebbe dare la possibilità ai lavoratori di trattenersi – ovviamente in modo del tutto volontario – sul posto di lavoro anche dopo l’età pensionabile.
Roberto Diacetti (Enpaia-Censis): “Serve una riflessione sulla flessibilità nell’uscita dal lavoro”
Complessivamente tuttavia, guardando all’interezza dei dati raccolti da Enpaia-Censis non si può non notare che l’assoluta maggioranza degli italiani – non solo agricoltori – intervistati (addirittura il 92%) da tempo chiede che vi sia una maggiore libertà personale sull’età pensionabile, che il direttore dell’Osservatorio Roberto Diacetti ricollega – naturalmente – alla “possibilità di poter andare in pensione un po’ prima” accettandone anche le eventuali conseguenze negative (come l’ovvia riduzione del trattamento pensionistico); ma anche a quella di “poter restare al lavoro più a lungo”.
Dati che secondo Diacetti sono importanti al di là delle riflessioni sugli agricoltori perché sembrano essere una testimonianza “dell’enorme problema [dei] salari troppo bassi” che impattano sia sulla domanda che “sulla future pensioni” e che dovrebbero aprire ad una più ampia riflessione sul fatto che molti – forse moltissimi – accetterebbero “di rinunciare a una minima quota di dividendi (..) per aumentare le retribuzioni“.