Dal World economic forum di Davos sono arrivati messaggi interessanti non solo sulle mosse dell’Amministrazione Trump e sulle risposte che l’Europa potrebbe mettere in campo, ma anche sul futuro dell’Unione europea, nonché qualche indicazione sulle scelte di politica monetaria che la Bce è chiamata a prendere già a partire dalla prossima settimana. Christine Lagarde ha evidenziato, infatti, che eventuali dazi introdotti negli Stati Uniti non avrebbero grandi conseguenze per l’inflazione dell’Eurozona, che continua a diminuire e dovrebbe raggiungere il target del 2% nel corso dell’anno. Quanto ai tassi di interesse, l’intenzione appare quella di proseguire nei tagli con gradualità. Un approccio che Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, trova appropriato «visto che, al di là delle ultime dichiarazioni, ancora non è ben delineato il quadro delle mosse che vorrà effettivamente compiere il nuovo Presidente degli Stati Uniti e con quali tempistiche. Tra l’altro c’è un nuovo fenomeno, che Trump ha contribuito ad alimentare, che non va sottovalutato».
A che cosa si riferisce?
A una sorta di inopinata liberatoria nei confronti delle criptovalute, che se desse luogo a un fenomeno di massa potrebbe provocare degli squilibri che, per quanto non di grande entità, potrebbero non essere benvenuti.
Questo con effetti anche sulla politica monetaria?
Negli ultimi tempi la politica monetaria ha avuto un certo grado di prevedibilità che fa bene ai mercati, mentre questo fenomeno crypto è quanto meno molto volatile. Il mio timore è che il suo ingigantirsi possa in qualche modo indebolire l’azione della Federal Reserve. E se questo avvenisse potrebbe avere implicazioni non solo negli Stati Uniti.
Christine Lagarde, come il commissario europei agli Affari economici Valdis Dombrovskis, ha richiamato alla necessità di preparare una risposta alla possibile introduzione di dazi contro l’Ue da parte di Trump. Bisogna prepararsi a “contro-dazi”?
Una risposta di questo genere potrebbe portare a un’escalation e dunque prima di adottarla bisognerebbe vedere quanto l’Europa potrebbe essere autonoma sul fronte delle risorse naturali, comprese le terre rare. Sembra che esistano potenziali giacimenti da sfruttare, ma potrebbe anche volerci tempo, oltre che volontà politica, perché siano operativi. Spero in ogni caso che Trump non concentri tutta la sua attenzione sull’Ue.
In che senso?
La modalità con cui Trump si sta presentando al mondo è quella del classico “divide et impera”. Il Presidente americano deve confrontarsi anche con Cina e Russia e dunque dovrà anche cercare di non danneggiare troppo un alleato storico del suo Paese come l’Europa. C’è anche da sperare che possa far cessare la guerra in Ucraina, il che ci aiuterebbe non poco.
A Davos Ursula von der Leyen si è mostrata fiduciosa sul fatto che l’Europa possa cambiare e rispondere alle nuove sfide globali. L’Ue può davvero riuscirci?
Le proposte della Presidente della Commissione europea hanno rispettato le attese, occorre capire se l’Ue che vuole costruire può essere a prova di minacce economiche. Penso che se c’è unità all’interno, come mi auguro, si possa resistere a una “spallata” che arrivasse dall’esterno.
Serve unità, ma forse anche una velocità di risposta su cui storicamente l’Ue non brilla…
E vero, ma va anche detto che ormai non viviamo più tempi normali e quindi c’è bisogno di una risposta e di una velocità fuori dal normale.
(Lorenzo Torrisi)
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