In questo avvio di nuovo anno ci si presentano due proposte riferite al lavoro che incideranno significativamente nei rapporti politici e sindacali nel corso dei prossimi mesi. Da un lato, la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibili i referendum sul Jobs Act promossi dalla Cgil e, dall’altro, le commissioni Lavoro e Finanze della Camera hanno trasmesso all’Aula la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese.
Le due iniziative sindacali hanno un carattere identitario. L’opposizione al Jobs Act è per l’attuale maggioranza della Cgil il modo di affermare una visione della difesa del lavoro e dei lavoratori che non può che passare per il riconoscimento del ruolo centrale del loro sindacato e della visione del lavoro che intendono portare avanti. Si aggiunge a ciò la scelta della Cgil di Landini – non è mai stato così nella storia dei questo sindacato – di proporsi anche come soggetto politico promotore di un programma e di relative alleanze capace di trascinare le forze politiche della sinistra.
La proposta di legge per la partecipazione dei lavoratori avanzata dalla Cisl è l’attuazione di un obiettivo che dichiarato fin dal programma originario di questo sindacato ed è attuativo di una previsione costituzionale indicata dai costituenti più vicini ai sindacati dell’epoca.
Vedendo il merito delle proposte, la Cgil propone di intervenire con due quesiti su alcune norme del Jobs Act relative alle regole previste per i licenziamenti dei lavoratori assunti con contratto a tutele crescenti e sull’indennità di licenziamento ingiustificato nelle Pmi. Il terzo quesito riguarda i contratti a termine e punta a rendere più difficile il rinnovo. Quarto tema l’estensione della responsabilità in caso di incidenti sul lavoro alla impresa capofila.
Come si vede, solo in parte riguardano il Jobs Act. Quella riforma del mercato del lavoro comprendeva più materie e, soprattutto, introduceva norme che volevano tenere conto dei cambiamenti intervenuti nel lavoro estendendo le tutele per le transizioni lavorative, sempre più caratterizzanti le carriere delle persone, e introducendo certezze nei casi di licenziamento. Introduceva regole che mentre davano garanzie di politiche attive del lavoro e indennità di disoccupazione fornivano strumenti certi per gestire chiusure e licenziamenti, giustificati, con accordi economici senza ricorrere a contenziosi giudiziari. La campagna della Cgil contro il Jobs Act e per difendere il lavoro ha quindi più un rilievo politico di chi si era contrapposto all’impostazione riformista del Jobs Act e porta avanti una concezione del lavoro diversa.
Di fronte ai cambiamenti strutturali della produzione si ritiene che non siano necessarie riforme che adeguino anche i diritti e le tutele dei lavoratori, ma che si debbano rafforzare gli elementi caratterizzanti i modelli precedenti. In breve, si può dire che tutto ciò che porta ad adeguare i rapporti di lavoro alla nuova organizzazione del lavoro indotta dalla digitalizzazione è da rifiutare, lasciando così l’unica forma contrattuale del contratto a tempo indeterminato a tutela dei lavoratori, senza considerare la necessità di riforme per assicurare piene tutele a tutti i lavoratori pur assunti con contratti con caratteristiche diverse.
La proposta di legge Cisl sulla partecipazione punta a realizzare, oltre a quanto previsto dall’articolo 46 della Costituzione, un modello per definire la partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alle imprese. È intervento utile per razionalizzare quanto in forme diverse sta già avvenendo in molte imprese del Paese. Abbiamo già accordi aziendali che prevedono partecipazione ai risultati economici, piuttosto che commissioni paritetiche dove affrontare scelte di cambiamento organizzativo dell’impresa. La proposta cerca di dare organicità a quanto già è presente nella realtà italiana e delinea le modalità con cui si può intervenire nelle imprese a seconda delle dimensioni, delle forme di governance e se si prevede una partecipazione dei lavoratori al capitale dell’impresa. La via per la costruzione degli accordi per l’attuazione è ovviamente lasciata alla contrattazione generale e di impresa. Non è una legge che detta obblighi, ma definisce linee e obiettivi che dovranno trovare attuazione negli accordi fra le parti sociali.
Le radici culturali delle proposte dei due sindacati appaiono profondamente diverse. Hanno al loro interno due concezioni diverse del lavoro e danno un giudizio diverso di come oggi il lavoro sta cambiando. Da un lato, si ritiene che indipendentemente dai cambiamenti tecnologici e organizzativi del lavoro, il rapporto di fondo resti quello del conflitto fra i lavoratori e l’impresa. La risposta, quindi, è quella della rigidità di rapporti e la forma contrattuale rigida diventa la difesa principale del lavoratore. È evidente come oggi questo vada in contrasto con i cambiamenti in corso. Senza nulla togliere ai possibili contrasti di interesse nella distribuzione del reddito fra profitti, salari e rendite, è indubbio che il lavoro è sempre più una relazione coinvolgente che passa nel contratto (rapporto) fra lavoratore e impresa. Dai lavori diretti da un algoritmo alle possibilità di organizzazione del lavoro a distanza e per obiettivi offerti dalla digitalizzazione, abbiamo un cambiamento nelle forme contrattuali capaci di assicurare eguaglianza di tutele e diritti per lavori diversi. A ciò si aggiunge che la digitalizzazione comporta anche una partecipazione alle attività che coinvolge oltre alle competenze tecniche delle persone le qualità individuali, le non cognitive skills che assumono sempre più valore nelle competenze lavorative delle persone.
La maggiore mobilità dei lavoratori sul mercato del lavoro, la preferenza espressa dai giovani lavoratori per imprese che garantiscano percorsi di crescita e organizzazione del lavoro che permettano di conciliare maggiormente vita famigliare e lavoro interrogano le diverse proposte.
La sfida della partecipazione raccoglie tutte le sollecitazioni che vengono dal cambiamento in atto nel lavoro e nei lavoratori, il referendum sul Jobs Act è il tentativo inutile di fare opposizione al passato.
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