Diciamo subito che i dati sugli ascolti di Sanremo 2025, sbandierati stamattina dalla dirigenza Rai, sono quantomeno discutibili, o perlomeno raccolti in modo diverso rispetto al passato. Infatti, per la prima volta, sono stati conteggiati anche i telespettatori collegati in diretta su RaiPlay.
Non sappiamo quanti siano, ma sembra che siano un numero considerevole, anche perché da qualche mese alcuni milioni di italiani, privi di Smart TV di ultima generazione, possono vedere i canali Rai solo tramite l’app.
Detto questo, nessuno nega a Carlo Conti il merito di aver superato brillantemente la prova di traghettare la scoppiettante gestione Amadeus-Fiorello verso la più assoluta normalità, tanto auspicata dal nuovo corso culturale voluto da chi oggi governa il Paese. Il Festival di Sanremo non era di Amadeus, così come oggi non è di Carlo Conti.
Ma questo non esime dal fare qualche considerazione sulle scelte, compiute con l’evidente obiettivo di sterilizzare l’enorme potere mediatico che l’evento televisivo più importante dell’anno aveva acquisito negli ultimi anni.
La terza serata di Sanremo 2025 è rivelatrice di questa situazione. Conti appare sempre più sicuro di sé e gestisce il tutto con la consapevolezza di aver portato a termine il suo compito e raggiunto gli obiettivi prefissati.
Manca solo il vincitore, ma possiamo essere certi che non ci saranno sorprese, anche perché tra le 29 canzoni in gara non c’è nulla di così rivoluzionario da poter sconvolgere i piani del conduttore toscano. Che addirittura si permette di aprire la serata con Sono solo canzonette, il brano di Edoardo Bennato più irriverente e polemico nei confronti dello star system degli anni 80.
Oggi appare addirittura come un’innocua parodia di un passato di cui nessuno sembra più ricordare la durezza dei conflitti.
Poi sono iniziate le canzoni: le 14 che non avevano avuto spazio ieri. Difficile distinguere testi e musiche, visto che il “tema a scelta” ci ha regalato una trentina di brani che parlano sostanzialmente di amori finiti, figli cresciuti e madri morenti.
Certo, scavando e ascoltando con maggiore attenzione i testi, qualcosa di nuovo e poetico c’è. Ma ciò che colpisce è l’annullamento delle distanze tra i veterani della musica e i nuovi emersi dai talent show (depurati dei tanti rapper del recente passato).
Tra le “big five” che dominano la classifica dalla prima serata, l’unico artista in gara stasera è Brunori Sas con una canzone dedicata, inevitabilmente, alla figlia che ha appena superato l’esame di maturità. Brunori è una delle novità più rilevanti di questo Sanremo 2025. Calabrese autentico e fiero delle sue radici, ha portato una ventata di sano meridionalismo, una volta tanto distante dalla musica urban delle periferie del Sud e dall’offerta cresciuta nei social. È un poeta originale, che si è fatto strada con coraggio in un mondo poco incline ad accogliere cantautori fedeli a se stessi.
Dei 14 in gara stanotte, lui è l’unico con qualche chance, almeno per un buon piazzamento. Dal punto di vista “agonistico”, la serata è stata il momento più debole del Sanremo 2025, un passaggio obbligato verso la serata clou: quella delle cover e dei duetti che infiammerà il venerdì sera. Anche gli ospiti non hanno entusiasmato, a cominciare dai Duran Duran, ritornati sul palco appena quarant’anni dopo.
Insomma, tutto spento, nella norma di un Sanremo 2025 che è tornato a non emozionare. “Viva la vita, così com’è”, canta Francesco Gabbani, quasi a sottolineare che qui nessuno chiede di cambiare qualcosa. E così, tra qualche battuta più o meno divertente di Katia Follesa, la puntata si conclude senza particolari emozioni. Giusto il tempo di assegnare la vittoria finale di “Sanremo Giovani” all’esordiente Settembre che batte al televoto Alex Wyse. È la televisione di oggi: fa ascolti, ma soprattutto non crea problemi.
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