Mfe ha lanciato un’offerta largamente annunciata per raggiungere il controllo della tedesca ProsiebenSat.1, di cui già deteneva una quota di maggioranza relativa. L’operazione conferma certamente la forza finanziaria del gruppo italiano, oltreché la sua capacità strategica a raggio europeo. Questa è del resto nel dna del Biscione in campo televisivo da ben prima che la capogruppo fosse “europeizzata” in Olanda.
Il timing stesso dell’offerta invita tuttavia a esaminare un versante politico tutt’altro che laterale. Mfe si è mossa, infatti, soltanto dopo il voto tedesco, che un mese fa ha decretato la fine della maggioranza “rosso-verde” e richiamato a Berlino la Cdu del Cancelliere in pectore Friederich Merz.
La Cdu è il pilastro del Ppe: l’euro-partito che esprime direttamente la Presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula von der Leyen; e di cui – soprattutto – fa parte Forza Italia. E questa è il partito che, nei fatti, Silvio Berlusconi ha lasciato due anni fa in eredità ai figli Marina e Piersilvio, da allora alla guida piena rispettivamente di Fininvest e Mfe.
Partito, dunque, oggi partner della maggioranza di governo sia in Italia sia all’Europarlamento (dove invece Ecr della Premier Giorgia Meloni è nei fatti in posizione di appoggio esterno alla Commissione, mentre la Lega è all’opposizione nelle fila di Id). L’attuale leader di Fi, Antonio Tajani, è Vicepremier e ministro degli Esteri a Roma dopo essere stato commissario italiano all’Industria a Bruxelles e presidente Ppe dell’assise di Strasburgo.
La querelle sul conflitto d’interesse fra Fininvest e Forza Italia è d’altronde centrale da decenni nel confronto politico italiano: a maggior ragione allorché dal 1990 la tv commerciale è per legge un duopolio fra la tv di Stato e Mediaset; mentre Berlusconi ha poi guidato tre Governi, dopo importanti affermazioni elettorali del suo partito personale.
Il duopolio sancito da una regulation nei fatti “bipartizan” (da Mammì a Maccanico, da Gasparri a Gentiloni) è finito nel mirino delle autorità Ue, ma è rimasto sostanzialmente intatto: a differenza della leadership politica del Cavaliere, spazzata via nel 2011 anche dall’ostilità della Germania della Angela Merkel, super-Cancelliera Cdu.
Per la sopravvivenza di “RaiSet” (in parte garante del fatturato di Mediaset, gruppo quotato in Borsa) è stata d’altronde decisiva la non ostilità effettiva del centrosinistra italiano, pur dietro una costante polemica verbale. Né Romano Prodi 1 e 2, né i Ds di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, né il Pd di Walter Veltroni, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni (né il Quirinale ininterrottamente presidiato dal centrosinistra) hanno mai messo in agenda una vera riforma liberalizzatrice della tv e dell’informazione, improntata a una doppia ritirata di Rai e Mediaset.
Al contrario, non più tardi di due anni fa, a cavallo della scomparsa di Berlusconi, è entrato nel dibattito pubblico addirittura l’uso possibile dei “golden power” per proteggere un gruppo “d’interesse nazionale” dalle possibili mire del secondo azionista, la francese Vivendi. Oggi le reti Mediaset sono considerate per molti versi una “seconda tv di Stato”. Sotto attacco è semmai il possibile tentativo d’ingresso in Europa del Big Tech d’Oltre Atlantico impersonato da Elon Musk, in conflitto d’interesse nella nuova Amministrazione Trump.
È in questa cornice che il sistema-Germania sembra oggi aprire le porte a Mfe in un settore sensibilissimo: apparentemente senza neppure una piccola percentuale della contrarietà che sta tenendo bloccato da mesi il tentativo di UniCredit di aggregare Commerzbank, in un altro settore a massima rilevanza politica. Eppure il gruppo guidato da Andrea Orcel ha un radicamento nell’Azienda-Germania più antico e solido di quello vantato da Mfe su PS1. UniCredit ha infatti integrato fin dal 2005 Hvb/BankAustria e il gigante assicurativo tedesco Allianz è da sempre azionista stabile del gruppo italiano.
Tuttavia, Orcel ha un curriculum di banchiere della City e nell’azionariato di UniCredit – se n’è avuta conferma anche all’assemblea annuale di ieri – i primi azionisti sono i grandi fondi internazionali (primo Blackrock col 7,3%). E questo – verosimilmente – pare offrire all’euro-Germania di Merz e von der Leyen garanzie meno forti di quelle presentate da Mfe.
Se quindi Piersilvio Berlusconi ha potuto sottolineato come l’offerta su PS1 segnali “uno dei pochi casi in cui è un’azienda italiana a investire con coraggio all’estero”, Orcel davanti ai suoi azionisti è stato obbligato a un’estrema cautela: prefigurando anzi un possibile disimpegno – anche se con profitto – dall’investimento di UniCredit in Commerzbank.
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