La corsa alla presidenza sta ormai entrando nella sua fase finale e, per la maggior parte degli osservatori, la mattina del 5 novembre il mondo sarà in ansiosa attesa delle prime parole e dei primi atti del neo-eletto presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. A meno che accada qualcosa di imprevisto, come un attacco terrorista, la necessità di un nuovo coinvolgimento militare degli Stati Uniti, un eccesso di fiducia da parte del Partito Democratico o un numero maggiore di quanto stimato di elettori non disposti a votare un candidato di colore.
L’ultimo dibattito tra Obama e McCain, la scorsa settimana, è stata la migliore prestazione di McCain finora, ma i sondaggi indicano che i suoi sforzi per scuotere la sicurezza di Obama non sono riusciti a superare il distacco a suo sfavore. Anzi, il divario sembrerebbe addirittura aumentato. Se nelle elezioni i Democratici riuscissero a prendere il controllo del Senato con 60 o più senatori (potendo così bloccare eventuali tentativi di ostruzionismo da parte dei Repubblicani), Obama comincerebbe la sua amministrazione come uno dei più forti neo-eletti presidenti nella storia americana.
Infatti, in questi ultimi giorni di campagna, gli sforzi di McCain sono diretti verso gli elettori indecisi, o che comunque voterebbero Obama senza grande entusiasmo, tentando di convincerne il maggior numero possibile che la vittoria di Obama sposterebbe il governo molto più a sinistra di quanto gli americani siano disposti a tollerare. Come ha notato un commentatore favorevole a McCain, nei prossimi quattro anni il presidente Obama si troverà a combattere o con la base ideologizzata del suo partito o con la maggioranza degli americani.
Se ciò dovesse accadere, la vincitrice sarà Sarah Palin, che diventerebbe probabilmente la nuova speranza del Partito Repubblicano. Come ha dichiarato francamente la settimana scorsa: «Non ho niente da perdere», e in effetti, già ora si parla della campagna presidenziale del 2012 come di un confronto Hillary Clinton e Sarah Palin. Obama sa tutto questo e, avendo dimostrato di essere un ottimo politico, sarà molto interessante vedere come inizierà la sua presidenza.
Molto dipenderà da cosa succederà al movimento conservatore. Con la vittoria di Obama sempre più certa, il movimento conservatore comincia a sfaldarsi e le dispute tra i suoi leader sono ormai pubbliche. La settimana scorsa, due dei suoi più famosi membri hanno preso le distanze dalla campagna di McCain e ne hanno abbandonato la causa: Cristopher Buckley, figlio di William F. Buckley, il fondatore del moderno movimento conservatore americano, e Peggy Noonan, autorevole giornalista che scrive per The Wall Street Journal.
Buckley ha appoggiato Obama e Noonan ha accusato Sarah Palin di non aver nessuna stima del pensiero conservatore e di ridurre l’ideologia conservatrice a slogan.
Se Obama dovesse vincere, questo non vorrebbe dire che gli americani hanno rifiutato il pensiero conservatore, bensì che molti conservatori hanno preferito il potere politico all’impegno di educare gli elettori americani.