A circa una settimana dalle elezioni negli Stati Uniti, la vittoria di Obama sembra inevitabile, almeno secondo la maggioranza dei sondaggi.

Il risultato nelle elezioni presidenziali non dipende tuttavia dai voti che riceveranno Obama e McCain nell’intera nazione, ma dal numero di voti in cinque stati, o giù di lì, i cui voti elettorali stabiliscono il vincitore e il perdente: non importa quindi quali siano i risultati a livello nazionale.

Sotto questo profilo, una vittoria di McCain non può essere completamente esclusa, anche perchè McCain è famoso per queste sue vittorie sul filo di lana e lui conta di riuscirci ancora una volta.

La scelta del prossimo presidente non è comunque l’unico risultato importante di questa tornata. Lo è altrettanto, infatti, l’elezione di una nuova assemblea legislativa, perché un presidente può fare ben poco per realizzare il suo programma politico senza un appoggio sufficiente della Camera dei Rappresentanti e del Senato. Dall’altra parte, con questo supporto, un presidente ha una grande possibilità di modellare la vita degli americani nei prossimi quattro anni.

Per questo motivo, uno degli argomenti più forti della campagna di McCain in questi ultimi giorni è che il probabile controllo del Congresso da parte dei Democratici consentirà a Obama e al suo partito di spostare a sinistra il paese, molto più di quanto sia a sinistra la maggioranza degli americani. Questa è la ragione per la quale la campagna di McCain ha sostenuto che Obama è un socialista e che la sua vittoria risulterebbe una rivoluzione socialista.

Non sono però solo le questioni di politica economica che preoccupano chi è incline a votare per Obama, ma non è sicuro tuttora di conoscere abbastanza di lui per affidargli tutto questo potere. Questo è il timore, per esempio, anche dei cosiddetti “conservatori culturali” (specialmente elettori pro-life).

Sembra che i leader del Partito Democratico si siano finalmente resi conto che l’identificazione totale del partito con il programma in favore dell’aborto li offende e che questa è la probabile spiegazione delle molte sconfitte elettorali subite negli ultimi decenni.

Per la prima volta, i leader del partito hanno scelto di far realmente correre candidati che si presentano pro-life in aree ritenute sicure dai Repubblicani. Quest’anno ci sono almeno dodici di questi candidati la cui campagna è finanziata totalmente dal Partito Democratico. Obama stesso ha insistito sul fatto di aver ammorbidito la posizione pro-aborto del partito e fatto spazio a candidati pro-life che corressero per i Democratici.

Chiunque vinca le elezioni per la presidenza, sarà interessante vedere se questa nuova tattica del Partito Democratico ha avuto successo. Se sì, il risultato sarà l’inizio del distacco del partito dalla quasi totale dipendenza dagli attivisti pro-aborto e dai loro sostenitori finanziari.

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