Dopo la preoccupazione espressa dal Presidente della Commissione europea Barroso e il grido d’allarme arrivato dal Presidente della BCE, Jean Claude Trichet, che per la prima volta ha ammesso che «l’economia di Eurolandia si sta indebolendo», è ormai più di una minaccia il fatto che la crisi finanziaria avrà un forte impatto sull’economia europea.

Il piano di salvataggio americano darà certamente un po’ di respiro al sistema finanziario mondiale, ma da solo non basterà per uscire da una crisi profonda, che partita dagli Stati uniti ha interessato anche il mondo finanziario europeo, con il crollo di alcuni colossi bancari come la belga Fortis e la britannica B&B.

Occorre che l’Europa si assuma la responsabilità della ripresa, nella quale la Commissione europea, insieme alla Banca europea degli investimenti e alla Banca Centrale europea devono dimostrare serietà, ma anche coraggio per evitare che la crisi si ripercuota sulle pensioni, sull’occupazione e sulla crescita.

Dati i vincoli della politica monetaria, che il Trattato lega al mantenimento della stabilità dei prezzi, e la situazione eterogenea dei bilanci pubblici degli Stati membri, che impediscono uno stimolo di politica fiscale comune, abbiamo bisogno di strumenti nuovi, che diano vita a risorse nuove, altrimenti difficilmente si riusciranno ad evitare contraccolpi sugli obiettivi contenuti nella “Strategia di Lisbona”. Strategia varata con l’obiettivo espressamente dichiarato di fare dell’Unione Europea la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010.

Nell’odierno contesto di crisi l’obiettivo sembra allontanarsi e si rivela necessario rilanciare la competitività dell’Unione Europea e della zona euro nel contesto internazionale, attraverso l’Introduzione di nuovi strumenti finanziari che possano dare un nuovo slancio alla crescita e alla produttività europea. Nuovi strumenti che ci permettano di colmare le lacune e superare le difficoltà attuali. L’Europa ha bisogno di una nuova partenza.

Per questo motivo, insieme al collega Gianni Pittella, ho presentato una Dichiarazione scritta al Parlamento europeo dal titolo “Eurobond, nuova strategia per la crescita”, con la quale chiediamo alle Istituzioni europee di dare nuovi strumenti, e quindi nuovo impulso, agli investimenti strategici europei con priorità a quelli indirizzati all’ambito delle energie alternative, nella ricerca e sviluppo, innovazione, capitale umano, reti trans-europee di trasporto, banda larga.

Sarebbero immediatamente percepibili i vantaggi di questa proposta, che a dire il vero affonda le sue radici nello storico “Piano Delors” concepito tra il 1993 e il 1994. Una proposta avanzata poi a più riprese, seppur con formulazioni differenti, dai ministri Tremonti e Brunetta.

Cosa sono gli Eurobond? Storicamente, la definizione originaria di Eurobond è quella di un’obbligazione denominata nella valuta di un paese ma emessa al di fuori del paese.

Ad esempio, pensiamo ad un Eurobond denominato in dollari che sia stato emesso al di fuori degli Stati Uniti, oppure si pensi alle obbligazioni in dollari e marchi tedeschi emessi dalla Russia; un’altra possibilità sono le obbligazioni in lire emesse dalla Repubblica Argentina.

In questo contesto, la definizione di Eurobond va invece intesa come uno strumento di raccolta di capitale di debito che, a differenza delle altre fonti di finanziamento comunitario come la risorsa Iva, o il prodotto nazionale lordo, non presenta un legame “nazionale” evidente, in quanto collegato al bilancio comunitario. Caratteristica quest’ultima che li esclude dalle battaglie tra i Paesi europei sui saldi netti. Considerando che la sottoscrizione degli Eurobond è volontaria, il loro utilizzo permetterebbe di effettuare di volta in volta una sorta di “test di mercato” dell’iniziativa europea che finanziano. In pratica servirebbero anche da “cartina di tornasole” rispetto alla qualità dei progetti proposti dall’Unione europea.

Per introdurre gli Eurobond, come fonte di finanziamento collegata al bilancio comunitario, si potrebbe pensare a strumenti di garanzia, simili al già esistente strumento di garanzia dei prestiti per i progetti della rete transeuropea dei trasporti finanziato per 1 miliardo di euro da Banca europea degli Investimenti e Bilancio Europeo (al 50%), oppure a strumenti di debito veri e propri. In questa seconda ipotesi la garanzia del debito sarebbe offerta dallo stesso bilancio comunitario con la Banca Centrale Europea a fare da “controllore” dall’attività.

A farsi carico dell’emissione dell’Eurobond potrebbero essere o la Commissione europea o la Banca europea degli investimenti (BEI). Quest’ultima è senz’altro da considerarsi l’ipotesi più probabile, se non addirittura la strada maestra.

Per entrambe queste ipotesi non si tratterebbe di introdurre una nuova “tassa europea”. Non sarebbero, infatti, i contribuenti ad essere interessati da tale operazione, ma i risparmiatori.

È il momento giusto per dare seguito ad una soluzione che si sta rivelando sempre più indispensabile per la crescita dell’Economia europea.