Muammar Gheddafi è uno dei più grandi donatori esistenti per una scuola cattolica. È un paradosso ma è la verità.

Il 21 dicembre del 1988 un Boeing PanAm esplose in volo e precipitò sul piccolo villaggio scozzese di Lockerbie, uccidendo in tutto 270 persone. Da quel giorno, Cia, Fbi, Scotland Yard e servizi segreti britannici misero in piedi una colossale caccia all’uomo, un’indagine che si è conclusa il 14 novembre 1991, quando contemporaneamente i giudici scozzesi e quelli americani hanno annunciato i loro mandati di cattura, puntando l’indice sui due libici, Abdel Basset Al Megrahi, 39 anni, sospettato di essere il capo dei servizi segreti nelle linee aeree libiche, e Amin Khalifa Fhimah, 35 anni, agente segreto che ha lavorato negli uffici della Libyan Airlines a Malta.

Dopo 15 anni in cui Stati Uniti e nazioni Unite hanno pesantemente sanzionato il governo libico che non voleva riconoscere la propria responsabilità. Nel 2003 è stato trovato un accordo e Gheddafi ha accettato di pagare 10 milioni di dollari per ciascuna delle 270 vittime della strage. Fin qui sembrerebbe una “normalissima” storia di terrorismo internazionale e risarcimenti per poter rientrare nella comunità internazionale, fatto che conviene molto a Gheddafi che non può rimanere isolato soprattutto dal punto di vista economico.

Il fatto eclatante e incredibile è che il destino ha voluto che quasi due milioni e mezzo di dollari del risarcimento per una delle vittime andassero nelle casse di una scuola cattolica americana. Tatiana, la madre di Andre Guervorguian, prima di morire nel 1999, ha infatti devoluto tutti i soldi del risarcimento alla scuola cattolica De la Salle nell’Upper West side di New York, fondata dal figlio nel 1984. Nei giorni scorsi è arrivata l’ultima rata dei pagamenti, che ammontava a 491.000 dollari.

È la fine paradossale della storia del rapporto tra una madre, immigrata dalla Russia e vedova da quando il figlio era bambino, e appunto Andre, il figlio affidato a un’educazione cattolica a scuola e in parrocchia. Una storia bellissima non perché la madre ha scelto la scuola cattolica invece di altre scuole, ma perché il figlio e la sua educazione sono sempre stati la ricchezza più grande per lei, la sola e più importante ragione di vita. Ha capito che tutto passa attraverso l’educazione e la scelta di affidare questo figlio a Fratel Brian della parrocchia di Amsterdam Avenue è stato l’incontro decisivo per la vita di suo figlio e per la sua.

Questa storia, il paradosso di Gheddafi, è uno spunto per ribadire la battaglia sulla scuola e sulla libertà di educazione, la battaglia per la libertà di scelta, il ruolo stesso della famiglia all’interno dell’esperienza educativa. Queste espressioni infatti che abbiamo visto a volte compresse in un dibattito fuori dalla logica, come quello che si è consumato in Italia per oltre cinquant’anni, sono in realtà attori di un dibattito molto più vasto, che oggi ci pone radicalmente di fronte a grandi responsabilità.

Quanto queste siano urgenti la dice lunga su quale sia l’importanza di quello che ognuno di noi, nel suo piccolo porta avanti con dedizione e con generosità; e dice anche quanto sia irresponsabile sottrarsi a tali responsabilità con dei gesti che hanno una valenza politica enorme, quale quello di rimettere continuamente in discussione la riforma dei processi educativi.

Quando discutiamo di educazione e cerchiamo un ruolo per la famiglia, scopriamo che il ruolo lo dobbiamo cercare per la scuola perché la famiglia ha per sua natura il ruolo di autorità; la famiglia è per sua natura depositaria di questo dialogo perché la Provvidenza stessa gliel’ha affidato per poter concorrere a compiere il destino dei figli che ha generato.

Educare, a mio modo di vedere, significa aiutare a trasmettere il significato della vita e delle cose e favorire così l’esperienza, l’avventura della conoscenza.

Per sua natura quindi educare è possibile solo nella libertà. Quando sviluppiamo l’organizzazione di un sistema educativo senza rispettare questa condizione noi neghiamo lo scopo di quel sistema, lo usiamo male.

L’educazione nasce dall’incontro di due libertà: la libertà di chi viene educato e la libertà di colui che educa: ora, la messa in moto di questo processo richiede la libertà di chi è stato provocato o risvegliato, che potrebbe scegliere di non rispondere alla sfida, e di rimanere nel suo torpore. Dall’altro lato il rischio riguarda colui che educa, chiamato a mettersi in gioco in prima persona, a stimolare l’altro senza imporsi e ad essere disposto a cambiare a cambiare egli stesso.

Mamma Tatiana ha lasciato milioni di dollari per la scuola fondata dal figlio perché ha capito che questo è ciò che salva il Mondo, solo l’educazione permette alla persona di diventare consapevole del valore della sua esistenza e dei bisogni più profondi che definiscono la sua umanità: il bisogno di significato, di bellezza, di verità, di giustizia, di felicità.