La discussione sui diritti umani va incontro oggi a ostacoli che appaiono insormontabili. Vi sono versioni differenti di cosa questi diritti siano, e numerosi punti di disaccordo (date le diversità culturali che caratterizzano la vita del villaggio globale) su specifici diritti umani, ma la sfida più seria al concetto di diritti umani si incontra oggi, non nella nozione di “diritti”, bensì nell’idea di “umano”.

Nel suo discorso alle Nazioni Unite il 18 aprile di quest’anno, Benedetto XVI ci ha ricordato che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani di 60 anni fa è stata possibile per una «convergenza di differenti tradizioni religiose e culturali, tutte motivate dal desiderio comune di porre la persona umana al centro delle istituzioni, delle leggi e dell’operatività della società, e di considerare la persona umana essenziale per il mondo della cultura, della religione e della scienza».

Questa convergenza è stata alimentata dalla convinzione, vista come compimento della ragione umana, che le differenti culture fossero espressione di una natura umana comune a tutti e che questo potesse servire come norma per il dialogo sui diritti umani tra le culture. Il problema oggi non sta nelle differenti concezioni dei diritti, né nelle diverse concezioni della natura umana, ma nell’idea stessa di natura come un modo sensato e razionale di comprendere cosa significa essere umani.

Papa Benedetto ha ricordato alle Nazioni Unite che i diritti umani sono «basati sulla legge naturale scritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà. Rimuovere i diritti umani da questo contesto significherebbe ridurli e cedere a una concezione relativistica, secondo la quale il significato dei diritti e la loro interpretazione possono variare, negando così la loro universalità». Per questa ragione, è importante insistere che «non solo i diritti sono universali, ma che tale è anche la persona umana, il soggetto di questi diritti».

Tuttavia, è proprio questo il problema presente, cioè la difficoltà di come comprendere razionalmente la universalità del soggetto dei diritti umani. Il problema è la messa in discussione della stessa razionalità come espressione di una natura comune che unisce tutti gli esseri umani. Il risultato è che la discussione sui diritti umani, dalla necessità di affermare la dignità di ogni persona, viene ridotta a una discussione sull’equilibrio fra “semplici interessi”, diventando così una discussione politica piuttosto che una discussione su ciò che dovrebbe guidare la politica.

Nel suo dialogo con Jurgen Habermas, poco prima di essere eletto Papa, il Cardinale Ratzinger lo ha riconosciuto in modo schietto. Sfortunatamente, egli scrive, la legge naturale come «strumento» per dialogare sui diritti umani universali si è «capovolta», perché basata su un’idea di natura diventata sempre più caratteristica del pensiero moderno, e cioè che la «natura come tale non è razionale, anche se vi sono comportamenti razionali in natura».

Credo che questa sia la più importante sfida al concetto di diritti umani, che minaccia di far diventare questo concetto non solo inutile per controllare l’abuso del potere, ma esso stesso uno strumento di potere.