L’Europa è molto preoccupata per la crisi finanziaria mondiale, della quale risentirà da qui ai prossimi anni. Dopo un anno dall’inizio delle turbolenze che si sono abbattute sui mercati internazionali, dopo la crisi dei mutui americani, invece di risolversi, l’instabilità sembra infatti propagarsi su terreni che vanno ben oltre il settore finanziario.
Una naturale conseguenza del fatto che in molti settori il sistema finanziario alimenta considerevolmente l’economia, ogni inconveniente si riflette perciò sull’economia reale, e quindi sui risparmi dei cittadini. Non solo: con l’impennata del prezzo dell’energia e degli alimenti ai più alti livelli dalla creazione dell’Unione monetaria europea nel 1999, l’inflazione ha sfondato lo scorso marzo quota 3,6% e come confermato dalla Banca Centrale Europea, sembra destinata a protrarsi nel tempo.
Ha ragione l’ex Commissario europeo Mario Monti quando afferma che l’Europa rispetto agli Stati Uniti «ha costruito nel tempo una governance dell’economia più moderna e più solida. La politica della Banca Centrale europea è generalmente giudicata migliore di quella del Federal Reserve System». Tuttavia ciò non basterà a far sì che si eviti il ripercuotersi della crisi sul bilancio comunitario, e sugli ambiziosi, ma indispensabili obiettivi contenuti nella “Strategia di Lisbona”.
Dobbiamo assolutamente evitare di trovarci senza risorse. La priorità per l’Unione Europea, a maggior ragione in un periodo di difficoltà come quello odierno, deve essere quella di dare attuazione alle politiche di sviluppo per non farsi schiacciare dagli eventi negativi, ma al contrario, per accelerare il più possibile il cambiamento della congiuntura economica.
Per questo le istituzioni europee devono prendere in considerazione l’ipotesi di utilizzare gli Eurobond come fonte addizionale di finanziamento al di fuori del bilancio nazionale degli Stati membri. Si può fare attraverso una ridefinizione del ruolo delle istituzioni finanziarie, al fine di sostenere le iniziative previste nell’ambito dei Piani nazionali per la Strategia di Lisbona e le iniziative europee in settori strategici come le reti trans-europee di trasporto, l’energia e le nuove tecnologie.
Si tratta di una scelta obbligata considerando la crescente e ormai quasi completa dipendenza del bilancio europeo dai trasferimenti di risorse nazionali, oltre alla necessità, riconosciuta nell’Accordo interistituzionale, che il bilancio europeo sia sottoposto a un’accurata riforma per garantire una migliore capacità di fare fronte agli obiettivi di crescita, stabilità e coesione dell’Unione.
Misure di finanziamento centralizzate collegate al bilancio comunitario, quali gli Eurobond, andrebbero ad integrare il quadro dei finanziamenti possibili collegati ai Programmi d’azione nazionali per la Strategia di Lisbona presentati dagli Stati Membri e vagliati dalla Commissione europea. Verrà presentata al Parlamento europeo una Dichiarazione scritta per sollecitare in tal senso l’esecutivo comunitario.
Altra preoccupazione per il Vecchio Continente è il ritorno a una pericolosa escalation di terrore in Medio Oriente. Gli attacchi contro i convogli italiani a Kabul, e soprattutto l’attentato al Marriot di Islamabad ci riportano repentinamente a fare i conti con il terrorismo di matrice islamica, indebolito ma mai sconfitto, che destabilizza un clima internazionale già abbastanza anarchico e sregolato.
Il Pakistan, dopo la morte di Benazir Bhutto è il teatro principale. Non sarà facile per il nuovo Governo uscire dal tunnel di una destabilizzazione che è sempre stata il frutto della posizione e della condizione geopolitica di uno stato indipendente dal 1947, da sempre incastrato tra la minaccia fondamentalista talebana e l’obbligata influenza americana. Obiettivo raggiungibile solo insistendo sulla promozione di una reale democrazia capace di sostenere la crescita della società civile e favorire la distinzione tra poteri dello Stato, e allo stesso modo però bisognerà prestare attenzione al fatto che il nuovo Governo sappia tenere ben salde le redini del potere. Questo è molto più difficile dopo l’uscita di scena del Presidente Musharraf. Questi, in un modo o nell’altro era sempre riuscito a scendere a patti con i partiti estremisti islamici, e guarda caso l’attentato sembrava avere come obiettivo il nuovo Presidente Asif Ali Zardari, nemico di Musharraf.
Considerando il fatto che Benazir Bhutto non aveva mai formato alcuna alleanza con altre parti politiche e che questo fu uno dei motivi che portarono al suo esilio e che forse hanno contribuito anche alla sua uccisione, viene da chiedersi se lo scenario non si sia ulteriormente complicato con l’uscita del controverso Musharraf. Non dimentichiamo che il Pakistan è una potenza nucleare. Il pericolo è quello di vedere le mani degli integralisti sulla bomba atomica con conseguenze scontate e catastrofiche.
Tutto il mondo occidentale è sempre più seriamente preoccupato dalle notizie provenienti da Islamabad, vista la presunta costruzione di nuovi reattori in aree strategiche del paese. E la vicinanza con i talebani afghani fa il resto.