Il federalismo è servito

Sul federalismo fiscale, una delle riforme più significative e urgenti del nostro sistema istituzionale, si è raggiunto un importante accordo tra maggioranza e opposizione

E’ singolare quello che sta avvenendo sul federalismo fiscale: potenzialmente avrebbe potuto costituire il punto di maggior discordia della legislatura; invece proprio su questo disegno di legge si sta verificando quello che da molto tempo non accedeva più nella scena politica italiana. Sul federalismo fiscale, una delle riforme più significative e urgenti del nostro sistema istituzionale, si è infatti raggiunto un importante accordo tra maggioranza e opposizione. Le commissioni riunite del Senato (Bilancio, Finanze e Affari costituzionali) hanno dato il via libera al disegno di legge, deliberando il mandato al relatore della maggioranza; il PD, che si è astenuto, avrebbe potuto tenere ben altro atteggiamento, votando contro o nominando un relatore di minoranza, creando numerosi ostacoli per l’esame in aula che partirà da martedì e che invece è ora destinato a procedere spedito. Questo importante risultato si deve alla convergenza che è stata raggiunta, in nome del bene comune, sull’urgenza di introdurre principi di responsabilità nell’uso delle risorse pubbliche, di evitare di continuare a chiamare solidarietà ciò che invece è solo difesa di rendite ingiustificate. E’ una prova di grande maturità del sistema politico italiano, che dimostra, su questa riforma, di essere in grado di superare quella prassi del bipolarismo “rusticano”, basato sempre sulla delegittimazione dell’avversario, che ha inquinato gli ultimi decenni della nostra vita repubblicana. Giustamente Bossi ha dichiarato che evitando il muro contro muro si possono fare riforme importanti. 



Nello specifico, i punti sui cui la maggioranza ha accolto le proposte dell’opposizione, elaborandole in un costruttivo dialogo, sono i seguenti: una commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale; un patto di convergenza per il coordinamento dinamico della finanza pubblica; un principio di armonizzazione dei bilanci pubblici; un chiarimento sul principio di territorialità; una specificazione delle basi imponibili dei tributi locali; la programmazione pluriennale per gli interventi relativi al Mezzogiorno. Nell’ultima fase del lavoro, inoltre, sono state introdotte alcune ulteriori modifiche, riguardanti ad esempio: il ripristino del termine dei dodici mesi per l’emanazione del primo decreto legislativo; la specificazione che la perequazione regionale è fatta attraverso un fondo perequativo di tipo verticale, un ampliamento della perequazione sui trasporti.



I passaggi che hanno portato a questo risultato, che permette di rivedere accadere in Italia una importante convergenza, meritano di essere ripercorsi. Innanzitutto la prima base di partenza (agosto 2008) del nuovo disegno di legge sul federalismo fiscale non mancava di recuperare, grazie alla lungimiranza di alcuni ministri, in particolare Tremonti e Calderoli, in modo bipartisan molti degli importanti lavori svolti negli ultimi anni, tra cui anche il d.d.l. approvato nel 2007 dal Governo Prodi di cui riprendeva le buone soluzioni in tema di perequazione correggendolo invece dagli eccessi di statalismo e rivalutando l’autonomia regionale. Anche all’interno un serrato dialogo con le Regioni e le Autonomie locali nel testo sono poi man mano maturate scelte tecniche e politiche innovative in tema di valorizzazione dei principi di responsabilità, di solidarietà e di sussidiarietà. La possibilità di una fase parlamentare condivisa si era quindi intravista nell’incontro organizzato dall’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà sul tema Federalismo fiscale: la sfida del Paese dove si è assistito in azione a un esempio di quel bipolarismo mite che l’Intergruppo aveva messo a tema due anni fa. Nei passi successivi è stato davvero decisivo l’instancabile e intelligente lavoro di mediazione politica condotto da Calderoli, che ha consentito il grande risultato dell’approvazione unanime del testo da parte delle Regioni e degli Enti locali all’interno della Conferenza Unificata (ottobre 2008). Un risultato inedito rispetto a tutti i precedenti tentativi sul federalismo fiscale, che ha anche portato ad un accordo, ai fini del finanziamento, sulla definizione delle funzione fondamentali, superando quella atavica diatriba tra Regioni ed Enti locali che ha sempre portato al fallimento chi ha tentato di misurarsi nell’impresa.



Sul tema del federalismo fiscale il raggiungimento di questi alti livelli di consenso è un elemento fondamentale per evitare incidenti o blocchi in fase di attuazione, perché i soggetti che sono stati coinvolti sono poi corresponsabilizzati nel processo. Quando in tema di finanza locale le riforme sono state invece calate dell’alto, bypassando il consenso delle autonomie, l’insuccesso è stato evidente, come nel caso dell’ultima legge (il d. lgs. 56/2000) sulla finanza regionale, che pur innovativa nei principi, è stata di fatto bloccata dall’accordo di Santa Trada, costringendo a ritornare alla logica della finanza derivata e dei ripiani statali a piè di lista. Il vulnus al principio di responsabilità, ai conti pubblici e quindi alle tasche dei contribuenti è stato grave. Ora, finalmente, esistono le premesse per esiti più felici.

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