È da circa due mesi che il mondo è in ansia per la sorte di due esistenze in mano ai rapitori. Era la notte tra il 9 e il 10 novembre, quando furono rapite Rinuccia Girando e Maria Teresa Olivero, le due suore appartenenti al Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld di Cuneo prigioniere degli shabab, giovani talebani somali, guerriglieri che vorrebbero imporre la sharia anche nell’Africa orientale.
Alle due religiose è stata strappata la libertà perché colpevoli di aver passato gli ultimi 25 anni della loro vita occupandosi di poveri e di bambini nel nord del Kenya, scegliendo, da donne coraggiose, di donare la loro vita per soccorrere i più deboli.
Questo il motivo che ha spinto il Parlamento Europeo a una risoluzione sulla situazione nel Corno d’Africa, chiedendo al Governo federale transitorio somalo di condannare il rapimento delle due suore cattoliche e di adoperarsi per accelerarne il rilascio e prevenire ulteriori rapimenti. Un emendamento, approvato giovedì scorso con 570 voti favorevoli, 11 contrari e 27 astensioni, che in prima persona ho proposto per sensibilizzare l’attenzione su questa difficile situazione, nell’attesa di un intervento concreto che salvi la vita di due persone che forse più di altre lo meritano. La proposta condanna anche gli attacchi sempre più frequenti contro operatori umanitari avvenuti negli ultimi mesi che hanno gravemente ostacolato la fornitura degli aiuti e hanno contribuito a peggiorare la situazione umanitaria in Somalia.
A oggi pare che sia stato individuato un canale ufficiale che ha ottenuto l’avallo del governo italiano attraverso il quale portare a termine i negoziati per la liberazione di Maria Teresa Olivero e Caterina Girando. Le fonti assicurano che le due religiose stanno bene e godrebbero di una limitata libertà di movimento all’interno del luogo in cui sono tenute in ostaggio.
L’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato un tempo particolarmente difficile per quanto riguarda la difesa della libertà religiosa. Al centro delle cronache continua a esserci l’incerto territorio dell’Orissa, la terra della violenza, dei saccheggi e della caccia al cristiano. I profughi che hanno abbandonato quel territorio di persecuzione e di conflitto hanno il desiderio di tornare. Perciò risulta ancora più preziosa l’azione della Chiesa nella società, che si adopera in particolare verso i diseredati e che prosegue, pur in una situazione estrema, portando con sé un valore esemplare che è impossibile non riconoscere.
L’Orissa è uno Stato complessivamente povero e arretrato in cui le comunità religiose svolgono un ruolo di educazione, opponendosi ai vasti interessi economici che mobilitano le forze politiche, il radicalismo induista e la violenza mercenaria.
Di natura diversa, ma pur sempre una grave ferita inflitta alla comunità cristiana, l’ennesimo atto di violenza gratuita contro un uomo di buona volontà. Si tratta questa volta di un missionario italiano ucciso in Kenya lo scorso venerdì mattina in un tentativo di rapina. Padre Giuseppe Bertaina, missionario della Consolata, di 82 anni, è stato colpito a morte, mentre si trovava nel suo ufficio di amministratore dell’istituto “Philosophicum” di Langata, a 21 chilometri dal centro di Nairobi.
Per tutte queste ragioni la nomina come Rappresentante personale alla presidenza dell’Osce (il Consiglio permanente dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la promozione della tolleranza e la lotta al razzismo e alla xenofobia, con particolare attenzione per la discriminazione contro i cristiani che ho ricevuto giovedì 15 gennaio scorso a Vienna direttamente dalle mani della Presidente dell’OSCE e Ministro degli esteri della Grecia,Dora Bakoyannis, oltre a riempirmi di orgoglio ed entusiasmo per il prestigio che questa carica comporta, diventa per me un impegno a cui non posso e non voglio in alcun modo sottrarmi alla luce di questo grave deficit di democrazia e di rispetto per la libertà religiosa.
L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa è un’organizzazione internazionale che si batte per la promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa e conta, attualmente, 56 paesi membri. Convocata per la prima volta a Helsinki il 3 luglio 1973 in pieno clima di guerra fredda, è pertanto, la più vasta organizzazione regionale per la sicurezza.
A preoccupare però non sono solo le vicende dei cristiani in paesi tanto provati dalla violenza fondamentalista e dalla miseria. Anche in molti paesi dell’area Osce, dalla Turchia all’Egitto, dall’Algeria al Caucaso e per ragioni diverse dalla Spagna a Cipro, le discriminazioni nei confronti dei cristiani costituiscono una pesante ipoteca sul patrimonio delle libertà fondamentali che devono essere a disposizione di tutti. Ringrazio, quindi, quanti in questi giorni mi hanno fatto pervenire messaggi di affetto: desidero rendere noto che in nome della pace, della libertà e del bene comune, porterò avanti le istanze di tutti.