Scrivo questo articolo nel giorno dell’evento che verrà ricordato per sempre da tutti gli americani oggi viventi: l’insediamento di Barack Obama come quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Non ho mai visto nulla di simile. Ci sono molte spiegazioni per ciò che sta avvenendo: l’influenza dei media; l’utilizzo consistente dei nuovi media; la situazione economica disastrosa; i profondi cambiamenti nel profilo razziale, etnico, religioso e culturale della nazione americana; la consapevolezza di connessioni globali sconosciute che possono determinare il nostro futuro, senza che noi possiamo fare qualcosa a riguardo, ecc. Tutti questi fattori stanno sicuramente contribuendo all’entusiasmo senza sosta che ha colpito questo paese per tre giorni consecutivi, ma non bastano a giustificarlo.
Certamente ci sono molti che non hanno votato per Obama, e che si preoccupano per il futuro. Tuttavia, rimangono per ora in silenzio, sorpresi dalla Obama-mania che sta attraversando il paese e confusi dall’atteggiamento “centrista” tenuto finora da Obama. E ci sono gli altri che preoccupano le forze di sicurezza, come gli “integralisti bianchi”, che potrebbero costituire una reale minaccia per la vita del nuovo presidente. Infine, ci sono quelli che vorrebbero appoggiare molti dei cambiamenti proposti da Obama, ma che sono convinti che prima o poi, e più prima che poi, dovrà pagare l’appoggio ricevuto dall’estrema sinistra, sia politica che culturale. Costoro sono obbligati a rispondere all’incitamento di Obama “Sì, possiamo”, con un deciso “No, noi non possiamo”.
In effetti, ciò a cui stiamo assistendo a livello nazionale non è molto diverso da quello che avviene ogni domenica in molte chiese afroamericane, note comunemente come “Battisti del Sud”. Queste sono le chiese dove sono nati i “Negro spirituals” e i cui appassionati predicatori tenevano in vita le speranze degli schiavi. Lì c’era vera fede, una fede plasmata interamente dai testi biblici, in particolare dalle speranze di libertà contenute nel Vecchio Testamento. L’etica proposta da queste chiese era un’etica di mutua assistenza e di rispetto per se stessi. Quando la lotta per la liberazione si trasformò in una lotta per le riforme giuridiche o “i diritti civili”, originata nel più secolarizzato Nord e appoggiata dalle sue chiese protestanti, l’influenza di queste comunità guidate dalla Bibbia iniziò a diminuire, specialmente tra i giovani neri, che finirono per concepire la libertà nei termini propri dell’ideologia secolare di sinistra, o il “successo” in termini appartenenti al pensiero conservatore. Alla fine, entrambe le ideologie non riuscirono a soddisfare le speranze degli afroamericani che vi avevano aderito. Alcuni cercarono rifugio nell’Islam, altri semplicemente non trovarono nient’altro e rimasero con quello che già avevano, mentre altri rinunciarono ad ogni sforzo di trovare un’autentica liberazione spirituale.
Barack Obama, proprio perché non ha vissuto questo pezzo di storia, è stato in grado di cogliere la sete spirituale della popolazione afroamericana e ha quindi dato inizio al “movimento” politico che l’ha eletto presidente, creando un’alleanza politica tra la popolazione afroamericana superficialmente secolarizzata e la sinistra politica. Tuttavia, la chiave del suo successo è stata la risposta degli afroamericani alla intelligente comprensione da parte di Obama di ciò che stava nei loro cuori, quando disse loro: “Siamo pronti a credere di nuovo”.
Nel 1968, Martin Luther King Jr. (un ministro battista) si stava già muovendo in questa direzione, la trasformazione della nazione in una chiesa battista nera sul vecchio modello del Sud, ma venne ucciso. Ora, 50 anni dopo, Barack Obama è riuscito a porre la prima pietra di questa Chiesa. La domanda è: e la componente politica di sinistra della sua coalizione? Ed è già chiaro che essa non ha alcun interesse a entrare nella nuova Chiesa nazionale “stile battista”.