PAPA/ La minoranza creativa

Benedetto XVI, parlando della situazione della Chiesa nell’atea Repubblica Ceca, ha detto che essa deve comportarsi come una minoranza creativa

Viaggiando verso Praga, da dove partiva il suo viaggio apostolico nel Paese “più ateo d’Europa”, Benedetto XVI ha, come d’abitudine, risposto ad alcune domande dei giornalisti. Gli è stato chiesto quale sia il contributo che la Chiesa può dare in una situazione che la vede in minoranza. «Normalmente – ha risposto – le minoranze creative determinano il futuro. La Chiesa cattolica deve comportarsi come minoranza creativa».

 

Joseph Zverina, probabilmente il maggior teologo boemo del secolo scorso, sapeva bene che la minoranza cristiana è tanto indigesta alle diverse maggioranze che si susseguono da essere perseguitata. L’ho conosciuto quasi 25 anni fa. Ero andato a Praga per raccontare sul mio giornale di un pellegrinaggio che i cattolici avevano organizzato, senza il permesso del regime comunista, per celebrare i santi Cirillo e Metodio, i padri del cristianesimo slavo. Ovviamente figuravo come normale turista; mai avrei avuto il permesso di entrare come libero giornalista in quella che allora si chiamava ancora Cecoslovacchia, perfettamente normalizzata dopo la “primavera” del 1968 e fedele alleata di Mosca.

Con la mediazione di alcuni conoscenti ho avuto però la fortuna di intervistare Zverina. Viveva in una casetta anonima di un anonimo quartiere della capitale; mi fissò l’appuntamento per le 6 del mattino. «A quell’ora – mi spiegò – c’è il cambio della guardia che stabilmente sorveglia la mia abitazione; c’è sempre qualche minuto di intervallo, così lei entra senza problemi». Da lunghi anni il vecchio teologo aveva affinato varie forme di “creatività” per eludere le maglie del regime.

Nato nel 1913 e sacerdote dal 1937, sembrava avviato a una brillante carriera accademica; ma arrivò l’invasione tedesca, l’arresto della Gestapo e i primi mesi di galera. Breve periodo di tranquillità subito dopo la guerra e poi di nuovo l’arresto, questa volta ad opera dei nuovi padroni comunisti: 25 anni di carcere per spionaggio e altro tradimento.

Raccontava: «L’alto tradimento consisteva nel mio lavoro con i gruppi giovanili. Lo spionaggio nel fatto che, riconoscendo l’autorità del Papa, ero proclamato “agente di una potenza straniera”». Liberato – in considerazione delle sue «origini operaie» – prima dello scadere dei termini, ha dovuto rassegnarsi a fare i lavori più umili. È stato uno dei protagonisti della “primavera” e, quando essa fu soffocata, venne spedito in una parrocchietta di campagna, poi pensionato in anticipo e rinchiuso nell’appartamento dove l’ho intervistato.

 

Il suo modo di dire che la Chiesa è una minoranza consisteva nel ricordare essa è sempre «segno di contraddizione». Non per ragioni politiche, ma per la natura stessa del suo messaggio, che non può piegarsi a nessun conformismo, a nessun pensiero dominante. Celebre resta, a questo proposito, la lettera inviata agli inizi degli anni 70 ai «Cristiani d’Occidente», molto proclivi ad assecondare le mode del momento.

 

Con lucidità osservava: «Voi avete la presunzione di portare utilità al regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum [il mondo], la sua vita, le sue parole, i suoi slogan, il suo modo di pensare». E con slancio profetico, tratto da san Paolo, ammoniva: «Non conformatevi!», non assumete gli schemi del mondo. «Non possiamo imitare il mondo proprio perché dobbiamo giudicarlo, non con orgoglio e superiorità, ma con amore, così come il Padre ha amato il mondo e per questo su di esso ha pronunciato sul giudizio».

 

Qui sta la perenne «creatività» della «minoranza» cristiana. Creatività perfettamente consapevole che il mondo non gliela perdona. Zverina ha passato metà della sua vita tra carcere e confino per rimanere fedele alla novità cristiana. A noi tocca forse una censura più sottile; basti vedere il misero spazio che i giornali hanno dato al viaggio del Papa. Ma qualunque volto abbia lo stato di minoranza e per quanto grave sia la persecuzione, la creatività non viene meno. In quell’intervista Zverina mi disse, ironico e lieto: «Uno dei miei modi di fare catechismo è parlare di Gesù al telefono: oltre che all’interlocutore, insegno la sana dottrina anche alla spia della polizia che mi sta ascoltando».

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