Ora che è iniziato l’autunno possiamo dirlo. Il settore turistico ha tenuto: +2,3% le presenze alberghiere nel mese d’agosto rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Come già nella precedente stagione invernale il favore del clima, allora abbondanti precipitazioni nevose, oggi sole da metà luglio in poi, ha favorito lo spostamento degli italiani e l’arrivo di molti stranieri. Più dell’economia sembra di poter dire conta il termometro e il barometro.
Va segnalato che questi buoni risultati di settore si accompagnano a una parallela diminuzione dell’occupazione: così come in altri comparti le aziende ricominciano a funzionare, ma con minori addetti per effetto della ristrutturazione realizzata. C’è un altro settore che la crisi ha aiutato a riproporre all’attenzione di tutti: quello primario, dell’agricoltura e dell’allevamento.
Un ministro brillante, associazioni di categoria attive, molte aziende gestite da giovani imprenditori figli d’arte o di prima vocazione, nuove modalità distributive come i “mercati del contadino” che permettono l’incontro tra produttore e consumatore finale e notevoli risparmi, una rinnovata attenzione alla qualità e al servizio anche attraverso la tracciabilità del prodotto, grande interesse per gli orti di casa, Obama docet: sono tutte caratteristiche che in un generale ritorno all’essenzialità stanno aiutando lo sviluppo del settore.
Turismo e agro-alimentare sono ovviamente interdipendenti: a costruire una riuscita esperienza di vacanza contribuisce anche l’originalità e la qualità del cibo consumato e la possibilità di vivere i luoghi della produzione. Senza voler rubare il mestiere a Massobrio, va sottolineato che ristoranti come il “Solo ciccia” di Dario Cecchini a Panzano in Chianti dove la carne la fa da padrone, anche se non tutta chianina, diventano a pieno titolo allora imprese alimentari dove fare esperienza della tradizione del territorio. Lo stesso vale per le varie Mangialonghe, la più famosa delle quali è forse quella che ogni anno Marco Caprai organizza a fine maggio in quel di Montefalco per festeggiare il Sagrantino, e per mille altre simili iniziative.
Nell’era della globalizzazione si impone l’inglese, ma torna il dialetto: i cibi meltin’pop sono prodotti dalle multinazionali del settore, le specialità italiane sono regionali quando non comunali. In questo radicamento territoriale c’è il motivo del successo e la principale possibilità di difesa: il successo che deriva dalla capacità di imporre sui mercati globali il gusto del locale e la difesa da ogni possibile imitazione sapendone conservare i tratti originali. Certo, anche qui, occorre saper innovare e proporre mix coerenti di enogastronomia, artigianato, cultura, musica, wellness, piste ciclabili, mostre, eventi.
Si tratta di una strada da seguire con attenzione per uscire dalla crisi senza snaturare le caratteristiche economiche del nostro paese, anzi per rinverdire con coscienza parte della nostra tradizione. Anche questi sono settori in cui prevale la presenza di imprese di piccola e piccolissima dimensione.