Quali nomi per l’Europa?

Siamo alle battute finali per definire i ruoli chiave della nuova Europa. Sarà importante scegliere con cura i nomi giusti per ricoprirli

Con la ratifica del Trattato di Lisbona da parte di tutti gli Stati membri siamo usciti dalla paralisi istituzionale aprendo la strada di un sicuro rafforzamento dell’efficacia e della democraticità dell’Unione europea. Il potenziale offerto dal nuovo Trattato è enorme. Tocca a noi sfruttarlo nel modo migliore.

Un Presidente stabile guiderà per due anni e mezzo il Consiglio dei Ministri. Ovviamente questi non dovrà svolgere un ruolo autoritario ma dovrà basarsi su un’incessante cooperazione e collegialità con i vari Stati membri. L’intento è chiaramente quello di assicurare una maggior coerenza nel preparare e seguire la continuità dei vertici del Consiglio.

È chiaro che gli obiettivi ambiziosi richiedono che il ruolo sia ricoperto da personalità che, innanzitutto, abbiano una rilevanza politica nazionale e internazionale tali da riuscire a sostenerne il peso. Il Nuovo Trattato stabilisce che il Presidente «presiede e anima i lavori del Consiglio europeo» e «assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo». Inoltre, «il Presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune» 

Il futuro presidente, insieme con il nuovo Ministro degli esteri, avranno dunque un ruolo chiave nel determinare la politica dell’Unione e nelle relazioni con la comunità internazionale. La prima investitura avrà un peso simbolico maggiore, sia per i cittadini dell’Unione europea sia per l’immagine dell’Unione nel mondo. Queste persone avranno il compito di mettere la potenza economica, umanitaria, politica e diplomatica dell’Europa al servizio dei suoi interessi e valori in tutto il mondo, pur rispettando gli interessi particolari degli Stati membri in politica estera.

Si rivela indispensabile quindi che vengano scelte personalità che incarnano lo spirito e i valori del progetto europeo, qualcuno che sappia assicurare all’Europa il ruolo da protagonista delle relazioni internazionali che, per diventare effettivo, non può non passare da una riaffermazione degli ideali propri dei suoi fondatori, unico vero elemento unificante e quindi dirompente sulla scena mondiale.

Come tutti sanno Massimo D’Alema potrebbe andare a ricoprire la carica di Ministro degli esteri. Un uomo il cui spessore è riconosciuto da tutti, ma che ha suscitato qualche dubbio in merito ad alcune posizioni su dossier chiave. Il collega Elmar Brock, ad esempio, ha chiesto chiarimenti sulla questione israeliana.

Qualora si dovesse propendere per un Ministro degli esteri popolare, in cima alla lista dei papabili metterei l’estone Vika Freiberg. Uno scenario inedito ma da non escludere, sarebbe quello di un Tony Blair che converge sulla carica di Ministro degli esteri al posto di quella di presidente del Consiglio.

Per quanto riguarda la carica di Presidente del Consiglio, i nomi che ci sono sul piatto sono arcinoti, l’attuale Primo Ministro belga Van Rompuy mi sembra la persona più adeguata. È vero, non è notissimo a livello internazionale, ma se andassimo ad analizzare quello che sta facendo in patria capiremmo che potrebbe essere davvero l’uomo giusto. E se lui non accetterà la presidenza lo farà soltanto per il bene del suo paese, ma rimarrà comunque il modello da seguire.

 

Il Belgio fino a pochissimi mesi fa, dopo essere stato immerso in una crisi politico-istituzionale che pareva non avere vie d’uscita, sembrava essere addirittura sull’orlo della secessione. Van Rompuy è l’uomo della stabilizzazione, colui che ha rimesso insieme il popolo belga nel momento di massima divisione. Oltre ad essere un uomo di spessore umano e politico, Van Rompuy è anche un grande economista. È stato Presidente della banca Centrale belga e Ministro delle finanze. In quel periodo è stato protagonista di un clamoroso risanamento dei conti pubblici con una riduzione del debito senza precedenti.

 

L’Ue non è un blocco monolitico ma il risultato delle azioni di uomini e che, in quanto tale, per vivere è chiamata a rinnovarsi nel tempo. L’Europa deve ripartire dai valori su cui è stata creata, dai buoni risultati finora raggiunti e da una buona dose di realismo. Il nuovo Presidente dovrà avere il carisma e il coraggio di guardare in questa direzione.

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