Il primo decennio del terzo millennio sta finendo quasi esattamente come è cominciato, con attentati terroristici contro gli Stati Uniti sul suolo americano: il riuscito attacco dell’11 settembre 2001 e quello, quasi riuscito, del Natale 2009.

Una cosa è chiara, le azioni intraprese per rispondere agli attacchi terroristici (almeno 75 miliardi di dollari in operazioni di intelligence) si sono dimostrate insufficienti. Prima o poi gli americani si sveglieranno e chiederanno spiegazioni al governo.

Una parte dei Repubblicani sta considerando la possibilità di accusare l’Amministrazione Obama di aver indebolito le difese americane con la sua sottomessa politica estera e il suo rifiuto (almeno in pubblico) dell’uso preventivo della forza militare. Tuttavia, altri Repubblicani si rendono conto che la maggior parte del decennio è stata governata dal loro partito e sembrano propensi a sostenere una risposta bipartisan alla minaccia terrorista.

Dico che gli americani si “sveglieranno” di fronte alla situazione perché, almeno questa è l’impressione parlando con qualche frequentatore di pub e bar, la maggior parte degli americani non si è ancora resa conto della serietà di ciò che è successo. Ho chiesto ai miei informatori qual è l’argomento delle attuali “chiacchiere da bar” e mi hanno detto che, dopo lo sport, il soggetto principale è l’economia, specialmente la crescita della disoccupazione.

Oggi, gli americani sono preoccupati soprattutto dei posti di lavoro, non del terrorismo, e nemmeno della tanto aspramente discussa riforma sanitaria. L’attenzione data dai media al tentativo di attentato di Natale li renderà però, prima o poi, coscienti della questione terrorismo e questa volta non saranno così facilmente disposti ad accettare le proposte del governo per gestire la crisi.

Dopo l’11 settembre 2001, la grande maggioranza degli americani ha sostenuto il presidente Bush nell’invasione dell’Afghanistan e nella guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein e ha offerto un cauto appoggio all’invio da parte di Obama di altri 30.000 soldati in Afghanistan. Ora i commentatori parlano di un terzo fronte di guerra, e cioè lo Yemen, dove gli Stati Uniti sono segretamente coinvolti militarmente in operazioni di intelligence, addestramento di militari yemeniti e in appoggio tecnologico.

In aggiunta, qualcuno comincia a parlare della possibilità che questo incidente possa diventare per Obama un problema di “tipo Katrina”. Quando l’uragano Katrina devastò New Orleans e gran parte della costa del Golfo, il presidente Bush non sembrò rendersi conto della gravità dell’evento e si congratulò per la gestione della catastrofe con il capo dell’agenzia federale responsabile degli interventi governativi, che si dimostrò in realtà del tutto inadeguato all’incarico.

In questo caso, ci sono voluti tre giorni a Obama per rispondere pubblicamente all’attacco di Natale. Ci si può chiedere se le foto del Presidente che si gode la sua vacanza alle Hawaii, mandando suoi subordinati a rassicurare gli americani, possano danneggiare politicamente Obama come Katrina danneggiò Bush.

Diversamente da Katrina, l’attacco di Natale non è riuscito e non si son perse vite, e gli agenti di Obama sembrano utilizzare proprio il fatto che non ci siano state vittime per dimostrare che “il sistema ha funzionato in modo adeguato”. La Casa Bianca ha tuttavia cominciato a preoccuparsi di una possibile sindrome Katrina e i portavoce hanno iniziato ad ammettere che qualcosa è andato storto. Alla fine, il presidente ha interrotto la sua vacanza per rassicurare gli americani di essere alla testa della risposta governativa alla minaccia terroristica, compresi possibili attacchi preventivi.

 

Infine, c’è la dimensione religiosa di questa crisi. Finora, la maggior parte dei commentatori è stata molto cauta nel trattare l’aspetto religioso della minaccia terroristica, sottolineando che questa non è una guerra contro l’Islam, ma solo contro una sua deformazione. Ma chi decide qual è il “vero islam”? Il governo americano e la sua crescente visione secolare della religione? All’interno del mondo musulmano, chi decide qual è l’autentica dottrina islamica?

 

Questa questione deve essere affrontata, perché le radici ultime della crisi sono di fatto religiose. I cattolici ne devono prendere nota e rendersi sempre più conto dell’importanza dell’unità con i vescovi in comunione con il Successore di Pietro, mentre altri cristiani dovranno decidere su come impedire che la fede cristiana possa essere manipolata in favore dell’intolleranza e della violenza.