Ognuno nel proprio lavoro esprime se stesso, ciò a cui appartiene e ciò in cui consiste. Infatti nel lavoro, così come nella vita, la propria opera, nel rapporto con la realtà e le altre persone, è espressione di sé e della propria umanità. Tanto che laddove il proprio lavoro si rivela buono e costruttivo, si è invasi da un senso di appagamento e di soddisfazione che è segno del fatto che ciò che progettiamo e realizziamo è per il bene nostro e di tutti.

Nella società di oggi, questa concezione del lavoro è sovrastata da un individualismo per cui la persona non consiste più in ciò che è, ma in ciò che fa, e per cui l’uomo che vale è quello che “si fa da sé”, che ha successo, notorietà, potere. Un approccio antropologico che sta alla base dell’economia contemporanea ed è la vera causa della crisi che è sotto gli occhi di tutti.

Oggi questa economia è crollata, ma ne esiste un’altra che resiste e continua a operare: c’è infatti un’attività, una professione, che esprime più di tutte le altre una posizione umana diversa: l’artigiano. L’approccio al lavoro di chi fa artigianato, infatti, è l’esatto contrario dell’individualismo: egli restituisce nei suoi prodotti il bene ricevuto dalla tradizione della sua terra e la ridona con gusto, creatività e con tutto il suo amore per ciò che la tradizione ha tramandato per secoli fino a lui. Facendo dono di tutta la sua umanità e intelligenza, con un vero e autentico atto di gratuità.

Il vero successo di un’impresa o di un’opera è tanto più grande e completo quanto conseguenza di un approccio alla realtà come questo. Anzi, è proprio quando riusciamo a dare gratuitamente, ad “offrire” la nostra opera, che sperimentiamo vera soddisfazione e vera sovrabbondanza.

In questo senso il lavoro dell’artigiano è paradigmatico del lavoro dell’uomo in senso ampio e totale: in esso si comprende bene come l’uomo che esprime se stesso in ciò che fa, ottiene risultati straordinari, carica il frutto del suo lavoro di un significato che va oltre il prodotto in sé, per arrivare a esprimere un’umanità e quindi un’identità culturale, una tradizione e una storia.

E questo vale al di là di qualsiasi calcolo, previsione o logica che si possano anteporre, siano essi economici, finanziari, di potere o quant’altro: è uno spunto di gratuità giocato nel quotidiano, nel lavoro di ogni giorno, a rendere nuovo ciò che facciamo e quindi a compiere noi stessi. Così come l’artigiano, in ogni prodotto che fa, “rende nuova” una tradizione millenaria.

Quando tutto ciò si realizza, è un bene per tutti, oltre che per sé. Artigiano in Fiera, dove esporranno quasi tre mila artigiani di tutto il mondo, testimonia come la bellezza di questi prodotti suscita nella gente che visita la fiera uno stupore, una condivisione e un’apertura del cuore unica e irripetibile.

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“Che bello!” è l’esclamazione che più si sente dire dalla gente nelle corsie e negli stand di Artigiano in Fiera. E lo dice la casalinga, il grande manager, lo studente, l’imprenditore, l’italiano, lo straniero in visita a Milano, il giovane o l’anziano. Chiunque e di qualsiasi estrazione sociale è colpito da un’umanità in azione come descritta all’inizio, perché dove protagonista è innanzitutto il cuore dell’uomo, ognuno riconosce una corrispondenza con il proprio.

 

Lo stupore che si legge sul volto dei visitatori di Artigiano in Fiera è il riconoscimento di una positività che diventa entusiasmo e festa, la cui origine sta in ciò di cui i prodotti e gli artigiani che li espongono sono segno: una bellezza che trova corrispondenza nel desiderio di compimento di sé che ognuno si porta dentro. Una bellezza che ultimamente è il tenero e nello stesso tempo grandioso tentativo umano di imitazione di Dio. Un ideale che dovrebbe trasportare ogni uomo in tutto ciò che fa e che cerca di costruire nella vita.