FINE VITA/ No al referendum

Se non venisse varata una legge sul fine vita, secondo i criteri di chi ha mandato a morte una donna per fame e per sete, in Italia si parlerebbe già di referendum

L’allarme è stato lanciato e ora non possiamo dire di non essere stati avvertiti per tempo. Si vocifera addirittura di una mobilitazione preventiva: se non venisse varata una legge sul fine vita secondo i criteri di chi, sostenendo le presunte volontà dei malati, ha mandato a morte una donna per fame e per sete, in Italia si parlerebbe già di referendum. Così ha tuonato quella parte dell’opposizione che da anni si batte per introdurre l’eutanasia come pratica legale anche nel nostro Paese.



 

Il referendum diventerebbe così l’arma principale per introdurre ciò che il nostro diritto non prevede, se non riuscissero gli sforzi dei paladini delle presunte libertà di modificare in sede parlamentare il disegno di legge che la maggioranza sta preparando sul testamento biologico. L’affondo contro l’attuale disegno di legge arriva da Ignazio Marino, senatore del Pd che tanto strenuamente si è impegnato per sostenere le tesi dei supporter delle supposte libertà individuali nel caso Englaro, e che ha guidato, fino a pochi giorni, fa i democratici in commissione Sanità.



Ma la prospettiva di una consultazione popolare è solo l’ultimo dei ricatti di questa menzognera battaglia per la difesa della cosiddetta libertà di scelta. Marino ha garantito di essere pronto a fare di tutto per “cancellare” il provvedimento qualora diventasse legge, fino a spingersi a prevedere la necessità “di un referendum abrogativo” se il disegno di legge passasse così com’é.

Quello che auspicano Marino e compagni è di spostare lo scontro dalle aule delle Camere e portarlo nelle piazze alimentando, o volendo provocare, una spaccatura profonda tra due diverse visioni sulle questioni del fine vita. L’impegno di una certa parte dell’opposizione non è concentrato sull’apporto di contributi per varare una buona legge ed eventualmente proporre possibili emendamenti, ma alimentare uno sterile dibattito, di cui il Paese in questo momento cruciale, francamente, non sente la necessità.



Il referendum sarebbe solo un’altra grande sconfitta per il Pd. La questione legata a nutrizione e idratazione artificiale è divenuta il vessillo di una battaglia culturale che adotta ogni mezzo per sovvertire l’ordinamento italiano e che, qualora venisse usato per attaccare i valori di democrazia, come il diritto alla vita, alle cure e alla salute, si ritorcerebbe contro, arrivando a dilaniare il popolo della formazione di centrosinistra.

Vediamo di fare chiarezza nei termini, perché per comprendere la complessità del reale, soprattutto per chi fa politica e dovrebbe legiferare nell’interesse dei cittadini e impegnarsi per il bene comune, occorre conoscere fino in fondo l’oggetto di cui si discute e, poi, agire di conseguenza. L’eutanasia diretta consiste nel mettere fine, con un atto o un’omissione di un’azione dovuta, alla vita di persone disabili, ammalate o prossime alla morte. Nel caso di Eluana è accaduto qualcosa di ancora più grave.

Con l’introduzione dei cosiddetti nuovi diritti, verrebbero sminuiti i diritti dei malati e passerebbe un messaggio molto triste e cioè che una vita “non piena” non è degna di essere vissuta. Come dire che l’esistenza di un handicappato ha un minore valore.

Le cure che d’ordinario sono dovute a una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. Se è legittimo procedere a strumenti di controllo del dolore per alleviare le sofferenze dei malati o la rinuncia all’accanimento terapeutico, cioè all’utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza una ragionevole speranza di esito positivo, non può essere accettata la soppressione di un essere umano, fine che risulta ancora più atroce se avvenuta per fame e per sete quando sono state date per certe volontà non verificate.

Non sembra un caso che, di fronte a questa ingiusta sentenza, i sostenitori delle “volontà” di Eluana non abbiano avuto il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Mai la parola eutanasia è stata nominata.

Serve, allora, una legge, che vieti la morte per fame e per sete. L’acqua e il pane non sono terapie, sono un diritto. La dignità della persona e del malato, in particolar modo, devono venire prima delle sentenze dei giudici e dei diktat di certi medici.

In un passaggio la “Gaudium et spes”, uno dei principali documenti prodotti dal Concilio Vaticano II, definisce «deplorevoli certi atteggiamenti» di coloro che «per non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza suscitano contese e controversie e pervertono molti spiriti a tal punto da farli ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro. […] Tutti quelli che credono in Dio avvertono la falsità di tali opinioni. La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce».

A una settimana dalla morte di Eluana Englaro, queste parole ridanno speranza a coloro che si battono affinché le menzogne non vengano più spacciate per verità. I sostenitori dei “nuovi diritti” ascoltino e traggano le loro conclusioni.

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