Qualche occhiata al Grande Fratello getta nel panico e nello sconforto. Raramente si può toccare così da vicino il disastro di qualche generazione di trentenni europei – occorre ragionare in questa chiave, data la circolazione continentale del format. L’ossessione per il sesso, e oltretutto un sesso primordiale, la coprolalia sfrenata, rapporti umani vissuti secondo le logiche della prepotenza o della sottomissione, ignoranza abissale, vouyerismo e psicologismo da quattro soldi.

Cinque minuti davanti alle esibizioni della sventurata compagnia ti lasciano nella desolazione: cos’è, cos’è questa roba? Se i testi scritti potessero parlare, questa domanda andrebbe urlata e poi scandita, alla ricerca di risposte. Alcuni si consolano pensando che in fondo si tratti di televisione e che le persone vengano deformate dal vivere davanti alle telecamere e che perciò e per loro fortuna, nella vita reale siano diverse, migliori; altri ritengono invece che il GF, capostipite dell’infausta genìa dei cosiddetti reality show, metta in luce proprio la natura autentica degli esseri umani e che le grandi platee di telespettatori (milioni e milioni) vengano attratte proprio dal gioco barbarico delle istintività che ambiscono a esibirsi.

Qualunque sia l’opzione, resta il fatto che da diversi anni decine di migliaia di giovani dei diversi paesi europei (tanti più giovani quanto i paesi sono più “modernizzati”) le tentino tutte per poter accedere alle svariate “case” – di volta in volta giardini di infanzia o motel dell’orrore. Che se anche non ci riescono ne rimangono poi avvinti insieme alle platee casalinghe. E che da questo fenomeno si generi tutto un mondo di chiacchiere mediatiche, di personaggi, di comparsate, di immagini: un circo sottoculturale impressionante per vastità e contaminazioni, capace di raggiungere decine di milioni di homini sapientes. E mai un interesse leggermente più profondo della superficie epiteliale, mai un libro, mai un fatto del mondo, mai uno squarcio di verità elementare.

Così accade in tutto il vecchio continente, al punto che GF, Fattorie, Isole e Talpe, rappresentano uno dei fattori dell’unità europea di linguaggi e costumi ben più dei governi nazionali, del Parlamento e della Commissione (gli altri fattori sono, come è noto, Erasmus e le compagnie aeree low cost).

Ma anche in quelle famigerate stanze o spiagge, attraverso la caricatura e il grottesco – per cui l’amore si riduce all’eliminazione della lingerie e le relazioni interpersonali a nevrosi – emerge, disperatamente e inconsapevolmente, come dappertutto e come sempre, il bisogno di una felicità diversa e finalmente vera, il desiderio di un’esperienza di pienezza e senso umani.

Nell’anno elettorale europeo ci vorrebbe una battaglia culturale, o forse una scossa elettrica, per poter risvegliare in queste nostre generazioni di trentenni il senso autentico del proprio io, quello che porta alla coscienza della dignità personale e alla responsabilità verso l’altro. Ci vorrebbe anche una battaglia televisiva. Certo non per censurare né tantomeno vietare: continui a vivere il GF, ma mettetelo in concorrenza con altri trentenni, con altre idee, con altre passioni.

Tutto questo non c’entra con l’incipiente campagna elettorale per ottenere un seggio a Bruxelles? Invece c’entra, e molto.