Il primo spettacolo cui ho assistito a Broadway è stato West Side Story, nel 1958, quando iniziai a frequentare l’università. Avevo solo 17 anni. Con un gruppo di amici dell’Università di Washington ero venuto a New York durante le vacanze del Giorno del Ringraziamento per vedere il maggior numero possibile di spettacoli a Broadway. La commedia musicale era centrata sulle tensioni razziali attorno a immigrati portoricani molto poveri che, venuti come cittadini americani nella City alla ricerca del Sogno Americano, si ritrovavano vittime delle discriminazioni razziali dei discendenti dei primi immigrati, irlandesi, polacchi e italiani.

Gli immigrati europei erano bianchi e, in quanto tali, pensavano di avere maggiori probabilità di entrare a far parte della massa degli americani. I portoricani non sembravano bianchi e, nella testa della gente, erano scuri (mi hanno sempre chiesto perché ho capelli biondi e occhi azzurri). Per poter avere successo, i portoricani dovevano pensare e agire alla maniera dei bianchi. West Side Story rappresenta questo conflitto attraverso le canzoni e la danza, secondo una storia che ricalca Romeo e Giulietta di Shakespeare.

Questa settimana, dopo più di cinquant’anni, viene rappresentata a Broadway una nuova versione aggiornata di West Side Story, aprendo un dibattito sui cambiamenti nella composizione etnica degli americani. I dati sono sorprendenti. Secondo il censimento del 2008, afroamericani, ispanici e asiatici costituiranno la maggioranza della popolazione degli Stati Uniti verso il 2042. La maggioranza dei giovani sotto i 18 anni sarà non bianca verso il 2023. Questo significa che ogni bambino nato negli Stati Uniti d’ora in avanti apparterrà a una generazione post-bianca di americani.

Nel passato, come mostra West Side Story, i nativi e gli immigrati non bianchi cercavano di integrarsi il massimo possibile, imparando a parlare inglese senza accento straniero, entrando a far parte di una Chiesa, preferibilmente protestante (la Chiesa cattolica ha tentato per quanto possibile di convincere che il cattolicesimo era compatibile con i valori protestanti, sia progressisti che conservatori), e frequentando le stesse scuole della maggioranza.

Oggi, questo sforzo di assimilazione non è più così rilevante e l’accento è sulle diversità. Nella nuova versione di West Side Story, i portoricani cantano e parlano in spagnolo. Naturalmente, l’elezione a presidente degli Stati Uniti di uno, per metà del Kenya e per metà del Kansas, che si dichiara nero è un esempio sbalorditivo dei cambiamenti avvenuti nel profilo raziale e culturale dell’America. É sorprendente che, nel mezzo di una crisi economica che minaccia la possibilità di esistenza dell’American Dream, la maggioranza degli americani abbia visto la salvezza nell’elezione di un presidente non bianco (i Repubblicani, dal canto loro, hanno eletto un nero alla guida del loro partito e molti guardano a un indiano-americano, governatore della Louisiana, come prossimo possibile candidato alla presidenza).

Quando leggerete queste righe, il presidente Obama sarà in Europa per la prima volta. In relazione a ciò che sta avvenendo negli Stati Uniti, è altrettanto importante la presenza di Michelle Obama. Tutto ciò comporta cambiamenti che trasformeranno il paese, e quindi il mondo, una volta che la crisi economica sarà passata.